la critica politica - anno III - n. 11 - 25 novembre 1923

LE INCONGRUENZE DEL PROTEZIONISMO Il " Secolo ,, ed il dazio sulla carta da giornali · Il < Secolo >, testè rinato a < nuove fortune > nella nuova azienda presieduta dal signor Senatore (dalla nascita) Bori etti, aveva avuto la sincerità poco comune tra i protezionisti italiani di rinunciare quasi del tutto all'inevitabile omaggio platonico al principio del libero-scambio, e la < fierezza > di dichiarare che, < appartenendo ora quasi totalmente ad un gruppo di industriali>, avrebbe < resistito risolutamente all'ostinata campagna degli economisti teorici per l' introduzione del libero-scambio ;). Confesso che, a parte il rimpia~to di vedere finito e < rinascente > a quel modo il giornale dell'ex-democrazia lombarda, che pe ... tanti anni ~ aveva volontieri accolto i miei articoli antiprotezionisti, quell'attitudine quasi fiera ,di servi convinti e fedeli mi aveva cagionato come un senso di sollievo. < Finalmente - dicevo tra me stesso - ecco dei protezionisti tutti d' un pezzo, che hanno il coraggio di professare le loro opinioni alla luce del sole, e non cercano di avvolgere nelle nubi del mistero più o meno patriottico le ragioni per cui agiscono e gli scopi che vogliono . raggiungere >. · < La discussione sarà perfettamente inutile con simili protezionisti, ma almeno non mi toccherà più di sentirmi dire, come tante volte mi è successo coi protezionisti tipo on. Olivetti, che in teoria essi sono più liberisti di me, e che è solo la pratica che ci divide >. < Teoria e pratica, una buona volta, vanno di accordo nel < Secolo > ;rinato a < nuove fortune >, ed è quindi da credere che, quando i suoi nuovi proprietari si troveranno ad avere qualche cosa da comperare o da importare dall'estero, essi non esigeranno più dal giornale che fieramente li serve di dare un calcio al proprio programma protezionista, come capita tanto spesso a molti industriali protezionisti, ad esempio recente l' on. Benni, presidente della < Confederazione Generale della Industria Italiana>, il quale, per vendere le sue macchine in Spagna, sarebbe dispostissìmo a sacrificare la protezione della viticultura italiana>. Ahi, sciocca e breve mia illusione ! Proprio nel < Secolo > dell'altro ieri - 19 ottobre 1923 - mi è successo di leggere l'articolo che merita di essere q~i riprodotto a titolo di documentazione. Biblioteca Gino Bianco

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