la critica politica - anno III - n. 10 - 25 ottobre 1923

420 LA CRITICA POLITICA come fece l'on. Mussolini che, appena salito al potere, mandò a casa le guardie regie e creò la milizia nazionale. Giacché, dice lo scrittore fiorentino « li profeti armati vinsono, e li disarmati « rovinarono : perchè, oltra le cose dette, la natura dei popoli è varia ; ed è « facile loro persuadere una cosa, ma è difficile fennarli in quella persuasione. « E però conviene essere ordinato in modo, che quando non credono più, sr « POSSA FAR LORO CREDERE PER FORZA». Non sembra di ritrovare in questo periodo, condensata in poche parole, la teoria mussoliniana di « forza e consenso » ? Macchiavelli ammonisce il Principe, con parole tutt'altro che evangeliche,. che « gli uonzini si debbono o vezzeggiare o spegnere»; e noi assistiamo oggi all'opera di un governo che tenta di vezzeggiar{! il Vaticano e_ di spegnere - almeno quanto è possibile nel secolo ventesimo in una Europa quasi democratica - la vita di quei partiti e l'attività degli uomini politici, avversi ai metodi, all'opera e ai programmi del fascismo. E ciò perchè, avverte il terribile suddito « di casa Medici, « chi diviene padrone_ di una città consueta a vivere libera, e « non la disfaccia, aspetti di essere disfatto da quella : perchè sempre ha per . ~ refugio nella rebellione il nome di libertà, e gli ordini antichi suoi, li quali « nè per lunghezza di tempo, nè per benefizi mai si scordano ». Onde quel Principe che giudica necessario « vincere o per forza o per frau- « de, farsi amare e temer da' popoli, seguire e riverire da' soldati » « spegner la « milizia i~fedele, creare della nuova » ecc.... non può trovare esempio migliore di quello che, secondo il Macchiavelli, è offerto dalla vita e dalle imprese di Cesare Borgia, il cui nome, per noi posteri, suona orribile e nefando, e che si riallaccia al periodo forse più fosco della storia del cattolicesimo. Potremmo, se non ci trattenesse il timore di aver già esorbitato dai limiti di queste rievocazioni, riferire innumerevoli concetti del cinico storico di Firenze, per dimostrare quanta concordanza di pensiero e di metodo è possibile ritrovare fra le pagine del Principe, e gli atteggiamenti del capo del governo, che, mentre oggi cerca di intonare la sua politica a preparativi di conciliazione col Vaticano, non esitava, un giorno, a definire Benedetto XV (iniziatore della politica continuata da Pio XI) « l'apostolo dell'ateismo». L'on. Mussolini sa bene che egli non potrebbe a lungo governare contro e malgrado il popolo ; più volte, ne' suoi discorsi, lo abbiamo sentito dichiarare che egli sopratutto aspira (e noi non dubitiamo della buona intenzione) a « / ar prospero e grande il popolo italiano ». In fatti messer. Nicolò ammonisce che « a uno principe è necessario avere « il populo amico : altrimenti non ha nelle avversità fortuna » ; con tutto questo,. però, « non può un signor prudente nè debbe osservare la fede, quanto tale « osservanzia gli torni contro e che sono spente le cagionì che la feciono pro- « mettere ». Avviso, questo, che può benissimo servire tanto ai collaborazionisti della Confederazione generale del lavoro, quanto a' monarchici di sette cotte commossi da certe dichiarazioni di lealismo ; quanto, e sopratutto, per quei cattolici che sono disposti a secondare la conciliazione fra la Chiesa e lo Stato. Biblioteca Gino Bianco

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