la critica politica - anno III - n. 8-9 - 25 settembre 1923

LA RIFORMA DEI CODICI 385 sti o a dei burocratici evidentemente tal voce non giungerebbe che ben tardi, giacchè non vi sono categorie meno sensibili al flusso continuo della vita come quelle di costoro, i quali si chiudono nelle formule e negli schemi e ne rimangono prigionieri. Si tratta piuttosto di far tornare il Parlamento alla normalità del suo funzionamento con una continua ed efficace attività legislativa ; ed è proprio questa la materia, specie quando non tocchi interessi di partiti, come nel caso delle riforme dei codici, nella cui discussione l'atmosfera del Parlamento diventa più alta e serena. Sono correnti di vita nuova che devono trovare in una adeguata formulazione giuridica il proprio incanalamento ; sono nuovi bisogni che devono essere regolati e protetti mediante la traduzione in leggi fondamentali ; sono nuove tendenze della giurisprudenza che devono trovare il consenso ' del legislatore. Se il Parlamento vi rinunziasse avrebbe decretata la propria condanna. Giacchè la funzione di controllo sul potere esecutivo e la sua attività può sino ad un certo punto essere esercitata dalla stampa (almeno fino a quando la libertà di stampa non sarà abolita), ma quella di legiferare non potrebbe che essere esercitata dal potere esecutivo o sotto il suo diretto controllo ed a nulla varrebbero le postume critiche, come si è visto durante tutta la legiferazione di guerra fatta mediante decreti. Il Parlamento è ancora, e lo ha proclamato recentemente, con largo consenso, il Presidente della Camera, il meno imperfetto dei sistemi di reggimento dei popoli liberi. Occorre soltanto riaffermarne il potere e le funzioni, anche se si deve • riconoscere le necessità di provvedere a rinnovarlo con l'elezione dei più degni e dei più capaci ad opera di un corpo elettorale sempre più cosciente e più elevato intellettualmente e moralmente. GIOVANNI PETRACCONE ESSERE ITAL/ANI IN ITALIA I La centralizzazione sta tutta racchiusa nel legislatore unico e nella legge unica in cotanta diversità di popolo, di tradizione, di genio, di linguaggio, di costumi, di civiltà. Passando da certe regioni a cert'altre ditesti di essere in differente secolo. E come la stessa legge civile e penale e finanziaria e comunale e di sicurezza pubblica e di lavori pubblici può adattarsi alla Basilicata e alla Toscana, alla Val di Mazzara e alla Venezia, alle popolazioni dell'Appennino calabrese e alla montagna di Pistoia ? Le autonomie provinciali e comunali si riducono a semplici snodature del raggio che va dal centro alla circonferenza : la proprietà geometrica rimane la medesima, inalterato il carattere della centralizzazione. I benefici che gli utopisti monarchici si vengono ripromettendo sarebbero cataplasmi che non guarirebbero la paralisi della centralizzazione. La centralizzazione nega categoricamente l'Italia,· e le ripugna cotanto che la lingua italiana non ha la parola propria e nativa che dica la cosa perchè la cosa per lei è un non senso, un mostro. Il vocabolo centralizzazione è un francesismo in filologia e in politica Vuolsi essere italiani in Italia. (1878) A. MARIO. ibliotecaGino Bianco

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