la critica politica - anno III - n. 8-9 - 25 settembre 1923

LA RIFORMA DEI CODICI 383 l' importanza dell'argomento, dettata per una riforma legislativa di cosi limitata _ importanza come il procedimento per ingiunzione, e per cui in sostanza si fece nient'altro che una applicazione del sistema della delega legislativa, non risponde al caso attuale in cui non solo mancano testi completi di progetti dei codici da riformare, ma mancano altresl le linee generali a cui s' informerà il Governo nel redigerli. Tanto è vero che la stessa Commissione parlamentare della Camera, dopo aver citata la pagina del guardasigilli on. Rossi innanzi riportata per dimostrare che attualmente sono piuttosto aumentate che diminuite le ragioni che consigliano nella legiferazione il metodo della delega, finisce col riconoscere che il punto grave e nuovo è il fatto che la delega vien fatta « non a pubblicare dei codici noti, ma a redigere i codici che saranno poi a suo tempo pubblicati». Ed allora e~sa a giustificare la propria approvazione al disegno di legge ministeriale ha affermato che la chiesta delegazione legislativa è nella nuova forma circondata da sufficenti cautele. Le quali si riassumono oltre che negli impegni assunti dal ministro proponente di contenere la riforma entro i limiti e con le direttive espresse nella propria relazione, nelle due seguenti proposizioni: a) i testi dei codici verranno redatti dopo le discussioni parlamentari e quindi tenendo conto dei voti che le due Camere avranno espressi; b) i testi così redatti verranno sottoposti ciascuno ad una speciale Commissione di revisione, non nominata dal Governo come le antiche Commissioni .di coordinamento, ma emananti direttamente dalla Camera e dal Senato (Commissioni che, poi, sono state stabilite in quelle medesime che hanno esaminato il disegno di legge, distinte in tre Sottocommissioni). Ognuno vede però quanto fragili siano le cautele che alla Commissione parvero sufficienti: i voti del Parlamento non possono essere che assai vaghi quando coloro che li fanno non hanno davanti un testo preso in esame ; la garenzia delle Commissioni è una lustra dal momento che il Governo non è obbligato ad attenersi al loro parere. Nella discussione seguita alla Camera· il Ministro osservò che tale parere è da considerarsi però impegnativo, in quanto il Governo dovrà rispondere. sempre dinanzi al Parlamento del suo operato e potrà esservi chiamato anche prima dell'attuazione dei codici data la lunga vacatio legis che sarà neccessaria. - Ed egli ha inoltre aggiunto che l'indeterminatezza della sua relazione è stato un atto di ossequio verso il Parlamento per lasciare questo libero di pronunziarsi in proposito. - Ma il valore di tali osservazioni è assai relativo : quanto alla prima si può rilevare che il Parlamento trovandosi dinanzi ad uh fatto compiuto non giungerebbe certo ad una deplorazione del Governo, che avrebbe un indiscutibile valore politico, in argomento puramente tecnico ; e quanto alla seconda osserva giustamente il Cerciello (1) che « se si volesse seguire la considerazione dell'on. Ministro della Giustizia bisognerebbe venire alla conclusione che non vi dovrebbero essere disegni di legge di iniziativa del Governo perchè l'additare soluzioni concrete dei vari problemi costituisce una menomazione dei diritti del Parlamento ». La verità è che i diritti del Parlamento sarebbero indubbiamente stati meglio salvaguardati colla presentazione dei relativi progetti di legge, seguendosi cioè le nostre tradizioni parlamentari. La ragione che il ministro proponente adduceva \ (1) Opera citata, pag. 93 ibliotecaGino Bianco

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