la critica politica - anno III - n. 8-9 - 25 settembre 1923

LA RIFORMA DEI CODICI 381 articolo per articolo, fini coll'approvare un ordine del giorno col quale autorizzava il Governo ad introdurre nei Codici e nelle leggi presentate, le modificazioni necessarie per coordinare i~ ciascuna materia le particolari disposizioni, si nella sostanza che nella forma, col sistema e coi principi adottati senza alterarli, nonchè per coordinare tali codici e leggi fra loro e con altre leggi dello Stato. Sostanzialmente il medesimo sistema venne seguito per la riforma del Codice penale, giacche il disegno di legge presentato alla Camera il 22 novembre I 1887 e al Senato il 14 giugno 1888, constava di una disposizione che diceva: « Il Governo del Re è autorizzato a pubblicare il Codice penale per il Regno d'Italia, allegato alla presente legge, introducendo nel testo di esso quelle modificazioni che, tenuto conto dei voti del Parlamento, risulteranno necessarie per coordinarne le disposizioni fra loro e con quelle degli altri codici e leggi ». E tale idei;itico sistema fu seguito più recentemente per l'approvazione del Codice di procedura penale del 1913, in quanto il Governo venne autorizzato dalle Camere alla pubblicazione del testo coordinato, prendendosi atto della dichiarazione del Ministro di tenere nel massimo conto i voti per gli emendamenti da introdurre nel testo definitivo, esposti nelle relazioni e nei discorsi dei membri del Parlamento. Un sistema sostanzialmente diverso venne seguito, per la approvazione del Codice di Commercio attualmente vigente. Anche in tal caso venne presentato un concreto progetto di legge, ma il Senato non si limitò, come per gli altri codici approvati anteriormente, ad una larga discussione dei concetti fondamentali del codice, e _quindi non si limitò alla espressione di voti, ma procedette ad un esame particolareggiato sul testo stesso quale era stato dalla Commissione modificato, ed in conseguenza approvò precisi emendamenti alle singole disposizioni (non fu, però, data lettura di tutti gli articoli del progetto, ma solo di quelli per cui erano stati proposti degli emendamenti) ; e la Camera dei Deputati, invece, esaminò il Codice nel suo complesso, senza scendere a proposte di precisi emendamenti, ma formulando voti e rappresentazioni, ed autorizzando il Governo ad introdurre nel testo le modificazioni atte a coordinare le disposizioni tra loro e con quelle degli altri codici, leggi e istituti speciali, e a fare le disposizioni che siano necessarie per la sua completa attuazione. Ma in tutti questi casi, come si è visto, i due rami del Parlamento si trovarono sempre di fronte a concreti progetti di legge, di cui poterono esaminare non solo le linee fondamentali ma le precise disposizioni, sottoponendole a critiche specifiche e formulando quei voti di cui poscia il Governo doveva tener conto nella formulazione definitiva. Nel caso attuale invece, tranne che per il Codice di Commercio, per cui esiste un progetto dovuto ad una Commissione Ministeriale nominata nel 1919 dal ministro Mortara (1) e che del resto non è stato presentato alla Camera, giacchè sembra che il Governo intenda largamente rimaneggiarlo, non esistono che dei materiali di studio preparati da Commissioni e che evidentemente sono ben lungi dall'aver raggiunto quella formulazione rigorosa e precisa che è necessaria a delle leggi fondamentali e complesse, come sono i codici. (1) Commissione ministeriale per la riforma della legislazione commerciale, presieduta dal prof. Cesare Vivante. Progetto preliminare per il nuovo Codice di Commercio. Ulrico Hoepli editore in Milano, 1923. .. iblioteca Gino Bianco

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