LO STATUTO PIEMONTESE DEL 1848 GIUDICATO DAI CONTEMPORANEI 353 dito. Il dl stesso tripudi a Genova e altrove; il che equivaleva a chiedere a Carlo Alberto le concessioni di Ferdinando. Speravano i liberali che non sarebbe senza effetto sull'animo regio l'esempio di quel sovrano che avevapiù vasto regno e bene armato,· nè si turberebbe dal raffronto dei fatti odierni con quelli del '20 e '21 ; allora la costituzione non si presentava come ora quale fatai conseguenza di un universo moto italiano; l'esercito, che aveva avuta tanta parte nelle rivoluzioni di quei due anni, ne era ora a Napoli in tutto estraneo se non avverso, e in Piemonte non dava segno visibile di consenso .... Ma Carlo Alberto persisteva nell'antipatia alle forme costituzionali, divenuta decisa dopo la caduta di Carlo X. Il 2 gennaio, rispondendo al granduca Leopoldo, che lo interrogava su come si andrebbe a finire con le riformet scriveva: < Credo si possa stabilire un savio governo, nel quale la libertà e i personali vantaggi _sieno maggiori di quelli che si incontrano in certi governi costitu~ionali, ove la libertà è una finzione e z, amministrazione delloStato si sostiene basandosi sulla corruzione>. Sperava ancora di potersi sot-· trarre a un regime alla francese con l' accettare in parte il sistema elettivo;. a ciò dovevano valere leggi sul genere della nuova legge comunale, per la quale, mediante una serie di elezioni, dal consiglio comunale potea salirsi al, consiglio di Stato. I tristi giovenili ricordi .e i brutti esempi delle corruzioni, elettorali inglesi, e più li enormi scandali finanziari e ferroviari della monarchia di luglio (indipendentemente della ripugnanza naturale in ogni uomo di spogliarsi di parte del suo potere) impedivano al re di abbandonare i preconcetti contro i moderni sistemi rappresentativi; preconcetti, se vogliamo, da retrivo, ma retrivo onesto e di buona fede. I preconcetti si vincono; meno facile è vincere i disinganni e la sfiducia che nasce dalle abusate libertà; ma la fede profonda nella bontà intrinseca d'un regime liberale è oggi indispensabile all'uomo di Stato. L' assolutismo nessuno lo vorrebbe, alméno durevolmente. Tutti i regimi hanno i loro difetti, che sono poi i difetti della natura umana. Se il re assoluto è bigotto come Cosimo, lo domina il confessore ; se dissoluto come Luigi, lo dominano le favorite; se debole come Federico Guglielmo, la moglie, l'esercito, la camarilla di corte ; se ha il genio e il risoluto volere di Napoleoné, nulla infrena l'ebbrezza della onnipotenza, nè gli impedisce di rovinare sè e lo Stato. A ogni modo il re capiva ormai indispensabile l'acconciarsi al regime statutario. I ministri, i quali si erano astenuti sin qui dal fare al re una proposta, che sapevano contraria al suo animo e alla sua coscienza di cui conoscevano i vincoli, nascenti principalmente dalla promessa scritta fatta da lui a Carlo Felice di non alterare le basi dello Stato, convennero, dopo la costituzione napoletana, doversi cedere alle nuove e supreme necessità. Il 2 febbraio si riunirono per invito del conte Borelli, e, dopo maturo esame, avvisarono unanimi doversi rappresentare al re che i tempi reclamavano una costituzione. Questa deliberazione venne comunicata il 3 a Carlo Alberto. Volle egli tosto udire il parere di alti personaggi ; taluni troppo compromessi, come il La Margarita, vennero esclusi ; tutti opinarono ornai necessaria la costituzione, solo capace di rappresentare i presenti interessi del paese, di conciliargli la Francia costi_tuzionale, e di evitare l'intervento austriaco e la reazione violenta. Il re, senza lasciar conoscere il suo pen1 B"bliotecà Gino Bianc
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