• LO STATUTO PIEMONTESEDEL 1848 GIUDICATO DAI CONTEMPORANEI 349 quella occasione ecco un brano di quello dell'onor. Pinelli, noto conservatore, dappoi presidente (dal 1850 al '53) della Camera Subalpina: < Noi già da qualche tempo avevamo il beneficio di uno Statuto, a dir vero, non giudicato da noi medesimi sufficiente e bastevole ai nostri sempre crescenti bisogni, ed aspettavamo tempi più riposati per chiederne e farne la riforma generalmente desiderata. < I Lombardi votarono la fusione immediata del loro col nostro Stato, con condizione di porre il regno intiero sotto il reggimento costituzionale. Ora, ognuno sa che quello Statuto, largito dal Re per sua propria volontà, quando credette giunta 1:epoca del risorgimento italiano, non poteva interamente dirsi confacente allo stato dell'opinione generale. < Questo pensiero era nato in noi stessi, e non esitavamo ad esprimerlo se non per un certo sentimento di gratitudine a chi ci aveva largito questo favore; ma se dovevansi unire a noi altri paesi, era evidente che quello Statuto più non bastava, ed i Lombardi lo dichiararono apertamente quando il Governo Provvisorio di Milano, decretando una legge per aprire i registri, dove avevano a consegnarsi i voti del popolo per l'unione, poneva la condizione preliminare della formazione d'una assemblea Costituente che stabilisse le bast e le forme della monarchia>. CON QUALE SPONTANEITÀ FU CONCESSO LO STATUTO Se risorgessero gli uomini politici del '48 rimarrebbero stupefatti delle leggende, che intorno agli eventi dei quali essi furono testimoni e parte, vennero audacemente intessute dagli storici delle due generazioni succedute alla loro. Il prof. Domenico Zanichelli, che vide e pubblicò in parte, i Verbali del così detto Consiglio di Conferenza, nel quale dal 3. febbraio al 4 marzo, si vennero pesando col bilancino dai sette savi dell'aristocrazia piemontese all'uopo convocati dal Re (1), i singoli articoli dello Statuto - intraprendeva con sofistico e consapevole ordito di audaci affermazioni il capovolgimento dell'istoria, prima negando che. Carlo Alberto abbia ceduto a malincuore alla pr~ssione dei tempi accordando lo Statuto e in altro scritto affermando come fosse < carattere spiccatissimo della Carta costituzionale piemontese quello di essere veramente concessa (octroyée) dal Re e non al Re imposta dalla volontà popolare>. Eppure egli medesimo, lo Zanichelli, non si ricorda di avere scritto che Carlo Alberto < non aveva temperamento liberale ; convinto anche che il popolo suo non fosse maturo per le istituzioni rappresentative, C. A. non avrebbe forse mai dato lo Statuto, se non gli fosse Stato dimandato ; certamente poi non lo avrebbe spontaneamente concesso in quei primi mesi del 1848, quando si ve4eva imminente la rivoluzione in (1) Erano cinque Conti: Borelli, Avet, Di Revel, San ~a zano e Broglia, un Marchese (At... fieri) e il Cavaliere Des Ambrois. ibliòteca Gino Bianco ,
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