la critica politica - anno III - n. 7 - 25 luglio 1923

; . UN CRITICO DEL " NAZIONALFASCJSMO n 327 l'opposto di quella che, nonostante le promesse e la parola dei primi tempi, va sviluppando il fascismo al governo. È accaduto qui, nell'ordine degli interessi materiali la stessa cosa, d~l più al i:neno, che è accaduto per i problemi ideali: la crescente compenetrazione della piccola borghesia urbana con la piccola borghesia campagnuola, che è agraria nè più nè meno (forse più) di un latifondista all'antica, e, successivamente, con tutta la grossa borghesia tanto industriale che terriera, ha prodotto i suoi effetti : il programma economico massimo della piccola borghesia, prima si è ridotto ai minimi termini e poi si è quasi rovesciato nel proprio contrario. Da principio il fascismo ha avuto l'intuizione esatta della propria situazione verso l'economia piccolo-borghese, quando ha creato in tutti i modi il mito del pareggio. È, infatti, questo un ideale tipicamente piccolo borghese, a cui sono estranei o quasi i ceti plutocratici, i ceti proprietarii e anche i ceti operai, come ha, per chi vuole intenderlo, apertamente detto, nel nome dell'alta e capace borghesia del Nord, il senatore Albertini, ma poi strada facendo, lo si è dimenticato e lo si è sostituito con obiettivi contraddittorii. Per adesso, infatti, il Governo segna tre linee di condotta, che non solo allontanano il pareggio ma, in quanto lo avvicinano, lo fanno a rischio e pericolo, proprio delle classi piccolo-borghesi impiegatizie, redditizie e conservatrici. Le tre linee sono queste : fare delle economie, sopratutto in quelle spese per la burocrazia, che sono sempre state una specie di lista civile per la piccola-borghesia; fare delle nuove spese, sopratutto di carattere militare, che infrangono per sempre l'obiettivo, pur cosl squisitamente " democratico " del Governo a buon mercato: trovare delle nuove entrate tributarie che, per definizione, non debbono mai essere " demagogiche " e cioè rivolte contro le classi ricche, ma finiscono sempre, per essere imposte indirette più o meno larvate, e cioè imposte sul consumatore. Il Salva torelli ha fatto male a non portare il proprio acume sopra questo gruppo di fatti. Egli vi avrebbe trovato dei fortissimi indizii per conchiudere cosl: che, se il partito fascista è prevalentemente piccolo-borghese, viceversa la politica fascista o prescinde, nel nome naturalmente della nazione, dagli specifici e immediati interessi della classe piccolo-borghese, o, meglio ancora, sotto parecchi aspetti li tradisce e li avversa apertamente: sic vos non vobis, tipicamente .... * * * I Ammettendo che le cose stiano come Sai vatorelli dice, e, cioè, che il fascismo sia il governo della piccola borghesia per la piccola borghesia, si dovrebbe venire a conclusioni abbastanza ottimiste : perchè, in un certo senso, la politica piccolo-borghese essendo, per sua natura, mediana e politropa, il fascismo dovrebbe pure un giorno o l'altro andare incontro alle classi popolari e 1nettere in moto t_utto il meccanismo dei sindacati operai nazionali. Ma, invece, cos} non è. Il fascismo si può, in sostanza, definire come l'accaparramento di una larga parte della borghesia minuta - tecnica, professionistica e, anche, proprietaria - da parte delle classi veramente e propriamente privilegiate, e, per tanto il problema pratico è questo. Avverrà, quando avverrà, come avverrà, la nuova rotazione politica della classe pieiblioteca ·Gino Bianco I

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