• 326 LA CRITICA POLITICA per definizione. Orbene q.uella parte di piccola borghesia, che è dentro al partito, ha oggi, naturalmente, tutti i benefici che i gruppi in possesso del potere hanno sempre: to the victor belong the spoils; ma in questo caso essa funziona come classe politica. sempre più o 1neno ristretta; mentre come classe sociale, e cioè nella sua totalità, essa è stata già vinta, su tutti i terreni, dalle tesi e dalle forze conservatrici. Una v_era vittoria, in Italia, della classe piccoio-borghese, non è infatti concepibile che ai seguenti patti: idealmente sorpassare le autorità tradizionali, quali la Chiesa e la Monarchia e realizzare una democrazia; e nell'orbita materiale, preparare la propria successione, come classe capacitaria, alle ristrette classi che hanno e dominano la ricchezza. Questo sarebbe stato il programma, diremo, massimo della nostra piccola borghesia, che, in fatto, ·10 vagheggiò; ma questo è anche il programma che è crollato tutt'intero, dalla prima pietra all'ultima, e al quale si è sostituito, pezzo a pezzo, il programma della borghesia grossa. Non si parla qui, naturalmente, di quel fatto puramente formale, in un certo senso, che è la dittatura o la adozione di metodi di governo illiberali: perchè tanto l'una quanto gli altri si prestano a qualunque contenuto: operaio, terriero, plutocratico, e anche piccolo-borghese. Parliamo invece del contenuto: e diciamo che questo contenuto dell'azione di partito e di Governo del fascismo è tutto conforme alle aspirazioni delle classi conservatrici. Lo è diversamente da quanto pensa Salvatorelli nella politica estera, in cui l'assorbimento del nazionalismo, che è filiazione schietta dei ceti privilegiati, ha coincisp con la rinuncia ad ogni volontà di rivoluzionamento nel mondo internazionale e con l'accettazione dei dati e degli impegni della diplomazia tradizionale. E lo è nella politica interna: dove la politica delle pubbliche libertà, quella doganale, la politica delle abitazioni, del caroviveri, delle sovvenzioni industriali, la politica tributaria, ecc. ecc. hanno, tutte, una direttiva unica, ben chiara, accettata e proclamata : la direttiva conservatrice ( 1). Se si accetta la bipartizione della piccola borghesia, prospettata dal Salvatorelli - e, cioè, piccola borghesia umanistica, addetta alle professioni liberali ; e piccola borghesia tecnica, aderente alla struttura capitalistica - la impostazione del problema economico della classe, pur così incoerente come è, non può essere che una. Da un lato, essendo la piccola borghesia una classe che vive di eredità (di stipendi, di pensioni, di redditi a interesse, di onorari professionali fissi o quasi)' essa ha tutto da attendere da una politica, sopratutto finanziaria, di economia, di piede di casa, e di tran-tran modesto in tutti i campi: che arrivi se è possibile, a rivalutare la moneta, e cioè accrescere il valore reale dei mezzi di cui essa dispone. Dall'altro, e sempre per la stessa ragione l'interesse suo sostanziale era e sarebbe questo: che il costo della vita in tutti i sensi venisse a calare, venisse a crescere, cioè, la sua possibilità di consumare: che, dalla casa al pane, dalle scarpe al libro, il classico ideale piccolo-borghese della vita a buon mercato diventasse realtà. Per questa speciale politica i francesi hanno trovato un nome, e la chiamano la "politique des t!pargneurs "' che è precisamente (1) Non vediamo nel fascismo, cosl pieno di contrasti, questa direttiva conservatrice: ancora nel fascismo confluiscono molte forze divergenti, e la stessa volontà riformatrice in tutti i campi è ben poco conservatrice per la ~ontraddizione che noi consente. Quando si sommuove un po' tutto, non si è dl /atto conservatori, ançhe se si vuole esserlo. - (Nota aella Rivista). Biblioteca Gino Bianco
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