la critica politica - anno III - n. 7 - 25 luglio 1923

. . .. ..320 LA CRITICA POLITICA < zioni più sacre, stoico veto, annuncio di un nuovo ordine di cose, presa I < di possesso di noi stessi come partito del diritto e della libertà, atto < solenne del nostro ingresso nella vita politica e a~monimento al vec- < chio mondo della sua prossima. e inevitabile caduta>. E poco prima ,della morte dettava a Gustavo Chaudey il suo ultimo pensiero, ed era per le classi operaie, le quali riuniscono nelle città e nelle campagne tutte le attitudini produttrici ; hanno per loro il numero e la forza; cominciano ad avere la coscienza della loro potenza sociale ; a cui non manca se non di avere con loro e per loro la scienza, il diritto, la giustizia, per trionfare, alleate a quella parte attiva capace e sana della borghesia, che vive del suo lavoro, e a tutta quella classe di letterati, artisti e scienziati, che vivono di idee e che naturalmente inclinano al progresso e ·formano ancora oggi la parte scelta della nazione. Cosl quest'altro hegheliano, in cui il Marx aveva scorto un rivale pure -deridendolo, l'uomo i cui paradossi erano stati l'acido corrosivo dell'ordinamento sociale, che aveva meritato da Giuseppe Mazzini la qua- ~ tifica di Mefistofele della ·democrazia, terminava la sua carriera avvicinandosi alla dottrina positiva mazziniana, riempiendo di idealità vivificante il suo materialismo. ·Si comprende come abbia lasciato larga eredità di affetti, e co·n1ein . ··Francia si celebri la sua risurrezione. È il modo di emanciparsi dalla influenza tedesca di Carlo Marx, la quale prevalendo ancora assicurerebbe . , alla Germania la Vittoria morale : capta victorem cepit. Indi il Sorel e il fiorire del sindacalismo. Indi l' ingrossarsi della società degli < amici di ·Proudhon >, eh' era un, ristretto cenacolo prima della guerra, che va diffondendo le pagine scelte dai molti volumi del plebeo geniale. Di questo movimento proudhoniano, in che si concreta la scuola sociale francese fedele alle tradizioni della sua grande rivoluzione, è saggio eloquente il volume Proudhon et notre temps, raccolta dei lavori_ di diversi specialmente competenti, in cui si studia sotto aspetti di versi il complesso pen- ·siero < dell' uomo che - dice nella prefazione il Bouglé prof esso re alla :Sorbona - si trova ad essere oggi, pel fatto stesso della guerra e della ·< scossa comunicata a tutto l'ordine sociale, uno dei più vivi fra i nostri ·< grandi antenati >. Anche gli italiani, pure ricordando che il Proudhon non meritò l'esilio come i grandi repubblicani suoi contemporanei e che fu sciovinista ·quanto il_ Thiers nello avversare l' unità italiana, conosceranno utilmente ·che cosa pensasse questo mirabile autodidatta intorno ai problemi tut- ·tora aperti dello Stato e della Chiesa, della morale e della scuola, delJ'agricoltura e dell'industria, della banca e della guerra. Saremmo lieti se lo scintillio, paradossale e sofistico quanto si vuole, di questo spirito intimamente latino giovasse a sgravarci da tanta nebbia nordica di Marx e di Lenin che ci affligge e ci contende il socialismo nostrano che va da Tomaso Campanella e Vincenzo Russo a Carlo Pisacane e Giuseppe Mazzini. " Biblioteca Gino Bianco

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