I 262 LA CRITICA POLITICA tanarono alla spicciolata. Alcuni di questi ricomparvero il giorno della presa di Roma, sotto la veste di < Cavalieri del Re » a dare l'assalto in Napoli ai caffè ed alle botteghe di salumieri, inneggiando al fascismo ed a Benito Mussolini. Gli stessi fascisti dovettero dare la caccia a questi strani predoni loro alleati. * * * A vittoria ottenuta, i duecento fascisti napoletani furono i padroni della città, e Padovani, ascese a fastigi sublimi. L'uomo di mediocre intelligenza, fornito di una certa fermezza di carattere credette sul serio di riuscire a dominare la situazione. In verità il éontributo dato al movimento nazionale da quello napoletano era stato ben scarso. Attorno a Napoli, in tutto il Mezzogiorno, tranne che fn Puglia, era il deserto. Le cricche dei , galantuomini non avevano capito nulla di quello che si maturava in alta Italia. Svegliate dalla grancassa dei giornali, e dalla notizia che c'era della gente nuova a palazzo Viminate, sentirono una gran voglia di diventare quello che erano sempre state : del partito del governo. Immediatamente fra le due cricche avversarie di ogni paese s' iniziò la corsa a chi arrivava primo a diventare fasci sta. Padovani fu assalito da una turba di neofiti aspiranti ad un bollo, ad un riconoscimento ufficiale della costituenda sezione fascista. Nello spazio di un mese tutto il Mezzogiorno pullulava di camicie nere. E chi aveva conquistato il timbro col fascio littorio ritornava in paese convinto di potere ormai impunemente far ingoiare olio di ricino all'odiato • avversario. Ma la fertile fantasia meridionale trova un rimedio alle situazioni più difficili. A Napoli c'era un altro gruppetto di giovani, avversari del Padovani, che aveva rivestito la camicia azzurra, e si faceva forte della partecipazione dei compagni romani alla boni/iciata rivoluzionaria di no- ' vembre. I nazionalisti, moltiplicatisi per incanto anche loro, godevano I qualche simpatia nel popolino, ancora devoto alla dinastia, che preferisce i colori vivaci, il rosso, l'azzurro, al funebre nero. Anche i nazionalisti apersero il loro ufficio di bollo, ed ecco precipitarsi i ritardatari ai loro sportelli per acquistare il diritto d' indossare la camicia azzurra, e, senza pericolo di sanzioni legali, d'armarsi di rivoltella, bastone e olio di ricino. Risultato di tutto ciò fu il disfrenarsi di risse sanguinose in tutte le Roccacannuccia del Mezzogiorno, a l'unanime grido di Viva l'Italia. I saggi giornali ufficiosi sentenziarono che nel Mezzogiorno ci si scannava per esuberanza di patriottismo. Padovani, che senza molto discernimento aveva inquadrato il suo numeroso gregge non poteva tollerare il contro altare nazionalista. Era una grave· offesa al suo orgoglio sterminato. Prese posizione immediatamente contro i nazionalisti che accusò di fare il giuoco delle vecchie cricche : Biblioteca G"no Bianco
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