la critica politica - anno III - n. 4 - 25 aprile 1923

I La morte del Parlamento elettorale Il Parla1nento è morto, e non credo che i federalisti debbano vestire le gramaglie. La mia generazione (è quella degli uomini di quaranta anni) non può rimpiangere una istituzione, che nell'ultimo ventennio ha dato continuo spettacolo di miseria morale, di incapacità, di servilismo. Discutere genericamente su.i diritti del cittadino, sul suffragio universale, sulla proporzionale, sulla sovranità popolare è un perditempo : i fatti nella loro materialità bruta irridono a tutte le disquisizioni teoriche. La teoria del cittadino libero è seducente : non c'è niente di più perfetto del congegno elettorale da cui escono i deputati. I cittadini si adunano metaforican1ente nei co1nizi elettorali, o pratica1nente si recano dietro un paravento a fare il loro esame di coscienza, e con maturata riflessione indicano la loro volontà chiudendo entro una busta ben congegnata la loro scheda: gli eletti debbono necessariamente rispecchiare la volontà del paese, e dal Parlamento i mandatarii del popolo legiferano pel bene pubblico. Pratica111ente questo non avviene : il cittadino elettore è gregge alla mercè di rnaneggioni : il deputato rispecchia la volontà e gli interessi~ di gruppi finanziarii, di gruppi politici, di clientele, di ceti, e ne esce un., Parlamento, che siste1naticamente non corrisponde agli interessi e ai bisogni del paese, che lavora e produce. Questo ventennio ci ha dato la corrutela giolittiana per più di dodicr anni : ·si pretese di trovare il rimedio nel suffragio universale, e per un atroce umorismo proprio Giolitti Io concesse. La Ca1nera del 1913 ·fu peggiore di quelle precedenti, e in tutto il periodo bellico fu al di sotto di ogni ostile prevenzione, tanto apparve bassa e paludosa. Fu lanciata la ricetta della proporzionale, e la Camera la ingoiò, ben sapendo che nella sostanza nulla sarebbe stato mutato. Le elezioni del 1919 e del 1921 fatte 'col nuovo sistema peggiorarono la situazione. Chi non chiude volontariamente gli occhi deve riconoscere che nessuna ulteriore estensione del suffragio e nessuna riforma di procedura elettorale può interrompere il processo degenerativo del parlamentarismo. La Camera dei peputati aveva una_ sua funzione nel meccanismo statale fino a che era l'espressione di una classe dirigente, _conscia di avere doveri e non soltanto · diritti; divenuta l'espressione di una folla agitata e sommossa dalle cupidigie dei partiti, non può obbedire che ai suoi istinti e a que1li dei suoi mandatarii, costituiti da clientele di politicanti che vivono al margine della produzione parassitariamente. Biblioteca Gino Bianco

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