la critica politica - anno III - n. 4 - 25 aprile 1923

154 LA CRITICA POLITICA coll'avere ragione del centralismo, o questo di quelle. Il contrasto domina tutta la lotta politica. Ed è ~ostanziale. Le altre questioni, tutte, gli sono subordinate. Lo stesso contrasto tra borghesia e proletariato ci appare pur esso come un eleinento di secondo ordine e subordinato in questa più vasta e più profonda lotta, la quale in quanto è lotta contro lo Stato centralista e per l'autonomia è lotta per la libertà, e cioè un ulteriore sviluppo di quel bisogno che l'uomo ha, e sente 1neglio ogni giorno, di possedersi completamente e di i1nprimersi nelle cose, che ha fatto la Storia e segnato le tappe Iu1ninose della civiltà. Cornunque questa lotta si svolga non è possibile che si concluda in una conciliazione tra centralismo e libertà.· Il tentativo fu fatto col cosidetto Stato liberale e fallì. V'è solo un piccolo paese nel centro di Europa dove la libertà non abbia subito crisi e verso dove gli europei potrebbero oggi con profitto volgere gli occhi, ed è appunto quello nel quale il problema dello Stato fu da gran tempo risolto, indipendentemente dalle teorie con1e per fatto di natura, sulle basi dell'autonomia e della fede- . razione. Autonomia e federazione : sono questi i soli termini che, senza possibilità di equivoco, possano servire utilmente ad una nuova impostazione della discussione politica. OLIVIERO ZUCCARINI LEGGE IDENTICA E VARIETÀ DI GENTI / Verun grande problema economico o politico o amministrativo, può ottenere una soluzione con l'identica legge fra g·enti cosl disfarmi: non la perequazione fondiaria, non la giustizia nell'imposta nè il suo rimaneggiamento (il ntacinato, per esempio, non ci fu modo d'abolirlo a gradi a cagione degli antagonisnii suscitati dalla legge unica), non la pubblica sicurezza, non la proporzione tra la colpa e la pena, non la ragione del mio e del tuo in causa del diverso modo di possidenza, non lo svolgimento della ricchezza nativa, non la redenzione finanziaria dei co,nuni, non il bilancio della nazione immolato al romanzesco bilancio dello stato, la trasformazione dell'esercito stanziale in· milizia nazionale, nè l'estirpazione dell'ulcera della burocrazia, cagioni non attinie della rovina finanziaria, dell'impoverimento del paese e dell'abbassamento della temperatura morale,· non la formazione e lo sviluppo del supremo fra i valori - d'una nazione, l'uomo. L'Italia se ne capaciterà sotto l'imperio della dialettica acuminata dei fatti. (1878) ALBERTO MARIO BibliotecaGino Bianco

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