la critica politica - anno III - n. 3 - 25 marzo 1923

• LA CRISI DEL LIBERALISMO 105 nazione italiana era già un'aspirazione superba. Il liberalismo si era nutrito cioè delle aspirazioni democratiche del secolo scorso. Era conservatore, ma in quanto si preoccupava di contenere q~elle aspirazioni, non perchè ne negasse la legittimità ideale. Al contrario vi si rifaceva. Dopo mezzo secolo - tanti anni sono passati nella Storia d' Italia - l' idea di un ritorno ai principt del liberalismo nella condotta politica dello Stato è certo una idea coraggiosa, ma è fuori della realtà. Lo Stato si è mosso cos) decisamente fuori di tutti i presupposti e le esigenze del liberalismo che non si vede come potrebbe esservi mai ricondotto. Il suo ordinamento si è sviluppato e tutti i suoi organi si sono abituati a funzionare in senso assolutamente opposto a quello che la concezione liberale aveva loro segnato. Coloro stessi - e sono molti - che si chiamano tuttora e noi a~biam preso l'abitudine di chiamar liberali, sono ben lontani da ogni vicinanza ideale con i liberali del -risorgimento. Può · darsi che la suppongano ; ma è anche vero che non si sono preoccupati in nessuna occasione di vedere se esistesse. E niente deve averli tanto urtati e sorpresi quanto l'affermazione del sen. Albertini che non si può essere liberali senza essere liberisti. Nessuno, ad ogni modo, sembra disposto a disciplinare la propria attività sopra un programma politico che, insie1ne alla difesa degli istituti fondamentali dello Stato, ponga come caposaldi : la fine di ogni intervenzionismo statale; il liberismo in economia; il rispetto del principio di nazionalità come metodo di una politica internazionale di pace tra i popoli contro ogni infatuazione nazionalista. Quelli stessi che meno sembrano disposti a consentire al fascismo la soppressione delle libertà elementari sancite dallo Statuto, si rifiutano di riconoscere nel programma del liberalismo affermato dall'on. Albertini il loro programn1a. È sulle idee economiche che in special modo dissentono. Appunto perchè si sono abituati a vedere nella politica dello Stato una politica d'interessi privilegiati e siccome sanno di rappresentare in maggiore o minore misura quegli interessi, sono condotti a consi~erare come condannato al più sterile isolamento un partito che volesse proporsi il liberismo come idea direttiva. Della politica si sono poi formata una concezione che non ha nessuna parentela diretta o indiretta col liberalismo, ne è anzi l'antitesi. E forse dal punto conservatore, in quanto si preoccupano di trovare nello Stato il terreno di conciliazione tra le forz~ sociali esistenti e contrastanti, aderiscono maggiormente alla realtà. Una politica che vada incontro agli interessi privilegiati è, infatti, assai più facile di una politica che contro quelli si ponga decisamente. Sono cos) portati a riconoscere la f.orza conservatrice del riformismo che app~nt~ pe! c!ò resisterà anche al fascismo. Significative a tale riguardo le d1ch1araz1on1della Stampa. Questo giornale - che rappresenta il superstite partito giolittiano - assume appunto la difesa di quell' indirizzo della politica ·statale, verso un intervenzionismo sempre più largo e dir~tto, che il sen. Albertini condanna in nome della concezione liberale Biblioteca Gino Bianco I ' •

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