la critica politica - anno III - n. 1 - 25 gennaio 1923

• • 42 LA CRITICA POLITICA sforma l'operaio poco allenato in produttore superiore - gli sembrò il tipo d'organizzazione atto a risolvere i vasti problen1i di colonizzazione estera ed eventualmente ariche interna da cui dipende l'avvenire dell'Impero britannico. Il delegato sorrideva quando i nostri bravi romagnoli gli indicavano, come loro pratica abituale e quoti~iana i fiu1ni e canali già mossi e da muovere ancora, ed era sorpreso di vedere opere pubbliche di 1nole romana sospese per mancanza di fondi, mentre il loro compin1ento involge la redenzione di diecina di n1igliaia di ettari ora incolti. A lui sembrava naturale che tali ·enti fossero sorretti dallo Stato, co1ne non si concepisce una vasta colonizzazione interna od esterna per mezzo di associazioni operaie senza l'iniziativa ed intervento dello Stato : intervento organizzativo e finanziario a base di intesa fra i _vari Governi e sindacati operai interessati. PER UNA POLITICA DELLA COOPERAZIONE Dunque, n1entre i forestieri riconoscono che la nostra cooperazione è l'unico mezzo d'ottenere date forme d'attività ed intravedono la possibilità di organizzarla deliberatamente per valersene, per ottenere i risultati verificatisi in Italia e prevedibil~ nei riguardi delle Colonie e della madre Patria da noi si distruggono le cooperative che sono circondate di un'atmosfera di sospetto ed abbandonate dallo Stato. Mentre all'estero si tende a limitare le industrie e si capisce come la cooperazione, specialn1ente se imperniata sull'agricoltura, possa salvare l'economia barcollante, da noi invece si vogliono salvare, coll'aiuto statale, le industrie bancarottiere e sfruttatrici dell'agricoltura e si lesinano i fondi per l'esecuzione di opere che aprirebbero all'agricoltura vaste funzioni. Mentre altri paesi ci invidiano per le nostre cooperative, noi profondiamo il denaro pubblico nelle Colonie in in1p·rese inutili e lo Stato non appoggia risolutamente ed effettivamente le cooperative pronte a portarvi opera di civiltà. Da noi nel caso più favorevole i Governi <aiutano> qualche singola cooperativa. «Aiutando» si ottiene quasi niente: si sovvenziona e ciò non può continuare ad infinitum. Bisognerebbe invece fare una politica organica , e continuativa di cooperazione. Cooperazione e Stato potrebbero associarsi formalmente· con definizione precisa dei rispettivi doveri, compiti e diritti ; in altre parole bisogna escogitare una fonna di cooperazione in cui diventi ·· socio· lo Stato, investendovi i propri capitali, mezzi d'opera, e delegando propri tecnici ed an1ministratori. Così lo Stato non solo stabilirebbe un controllo dal di dentro sulle cooperative, ma ne ricaverebbe anche utili diretti: investendo i suoi mezzi anzichè in forma di aiuto temporaneo a fondo perduto, in forma nuova d' investimenti diretti e stabili, che esso Stato amministrerebbe insieme ai suoi soci cooperatori. Tal vincolo stabile fra Stato e cooperazione terrebbe ad obblighi e responsabilità precisi i cooperatori in cambio dell'assicurata continuità delle loro imprese. - Ma non c'è da illudersi. Le funzioni propulsive e plasmatrici della cooperazione sono oggi malviste. -L'allàcciamento dello Stato colla cooperazione sarà realizzato solo da un nuovo regime politico in cui lo spirito di servizio funzioni come criterio di selezione, " BibliotecaGino Bianco

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