la critica politica - anno III - n. 1 - 25 gennaio 1923

.· .. LA COOPERAZIONE NEL RAVENNATE 37 · timo è spesso lo Stato. Durante la _guerra lo Stato dovè riconoscere pubblicamente l'onestà delle cooperative: la qualità, la quantità ed i prezzi delle merci da esse fornite erano sempre giuste. Lo Stato mai dovette contestare le forniture delle cooperative, mentre aveva da sostenere continue vertenze coi fornitori privati, " profittatori " per definizione. È un punto d'onore per ~e cooperative di eseguire bene i loro contratti e puntualmente; esse sentono la propria nobiltà e le responsabilità inerenti. Effettivamente le cooperative romagnole non fanno profitti; ma con ciò non s' intende che regalino merci e lavoro; s' intende che non distribuiscono profitti. I profitti sono devoluti, per deliberazione delle assemblee generali dei soci, ai fondi di riserva, fondi di ammortamento, istruzione od assistenza. Insomma, i soci-operai rinunciano ai profitti loro spettanti per legge e li destinano allo sviluppo delle loro istituzioni ed alla diffusione della cultura nei loro paesi, abbandonati anche in questo dagli Enti e persone a cui spetterebbe di curarsene. E sono poveri operai ehe spesso rinunciano a somme vistose, contribuendo cosi alla formazione di un capitale cui motivo non è il lucro ma il servizio, la gestione e produzione per l' uso e I' elevazione culturale del popolo. Le nuove funzioni della classe lavoratrice che essa viene ad assumere cercano di· stabilirsi anche con nuove forme di proprietà, attraverso la valorizzazione di risorse proprie, l' impiego della volontà al lavoro e l' utiliz- ' zazione delle risorse latenti del Paese. Si va formando un capitale collettivo, un capitale effettivamente sociale, perchè investito ed amministrato nell' interesse ed al servizio della collettività. Complessivamente circa lire 6.000.000 furono largite dagli operai alla comunità sotto forma di fondi sociali. In quali imprese capitalistiche hanno mai gli azionisti rinunciato, anno per anno, a tutti i loro profitti per amore del lavoro, del progresso e servizio sociale? · Ho assistito tempo fa all'assemblea generale di una cooperativa locale. C'erano da dividere gli utili sociali ammontanti a circa 1000 lire per testa, fra più di 300 persone - operai ed operaie di ogni età, molti di cui notoriamente bisognosi - nessuno si alzò per chieder.e che tale somma fosse ripartita. Anzi, mol~i si alzavano per dire che gli utili devono servire a rinforzare la cooperativa ed allargare le sue moltiformi iniziative e furono unanimemente acclamati. Queste iniziative si svolgono nel campo dell' istruzione - scuola estiva per ragazzi ; nel campo dell'assistenza - pensioni per i 'vecchi soci o sussidi ai soci malati o poveri od agli Enti d' Assistenza Pubblica : nel campo del progresso agrario - ·bonifica od introduzione di nuove colture ; nel campo del risanamento edile - villaggio giardino per gli operai ! Nessuno badava ai propri e diretti interessi; tutti volevano l'elevamento simultaneo della collettività operaia. · Se questo non è contribuire alla prosperità nazionale, non so capire davvero dove e cosa sia l'interesse nazionale. Sono uscito commosso da questa assemblea di azionisti-operai, memore di tante assemblee capitaliste dove il volgare spirito di. tornaconto soffocava ogni miglior intenzione ed iniziativa, dove si parlava di interessi naBiblioteca Gino Bianco- . .

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