• LA COOPERAZIONE NEL RAVENNATE 33 Per un giudizio obbiettivo e per_una esa~ta valùtazione questa considerazione ci sembra necessaria. Certo l'attività cooperativa, anche cosl incoraggiata e ·così sviluppatasi, a detrimento cioè di altre attività, finisce se11ipre coll'avere un'influenza benefica oltre che sul luogo nel quale si esercita anche, per certi riguardi, su tutta l'attività nazionale, percliè serve di esempio, perchè eccita lo spirito di imitazione e di emulazione, perchè sospinge - come è avvenuto nel Ravennate - gli stessi coltivatori privati a fare di più e meglio. E siamo pronti a riconoscerlo. Ma le benemerenze locali della cooperazione ravennate, le sue indiscutibili qualità giustamente additate ad esempio dal nostro collaboratòre, non possono impedirci di condannare quella politica a citi la cooperazione ravennate in specie - per le esigenze sulle quali sopratutto poggiava - doveva fatalmente far capo: politica di continuato ricatto (diciamo pure la parola!) sullo Stato che, se da un lato giovava alla cooperazione ed alla economia romagnola, finiva dall'altro col determinare una ingiusta sperequazione tra una regione e tutte le altre, tra una parte del proletariato e tutto il resto del proletariato. Tale politica - che si chiamò riformista senza aver dato nessuna vera e grande riforma e che fu praticata un po' da tutti, anche dai .... non riformisti - deve essere condannata come esiziale, chiunque la faccia, socialisti o fascisti, ai fini stessi della emancipazione operaia. Ciò è necessario sia detto per impedire che le nostre simpatie per la cooperazione, possano essere intese come adesione, sia pure indiretta, ad una politica dello Stato che abbiamo combat- ' tuto. Lo Stato può fare una sua politica della cooperazione, organica e continuativa (e le idee del nostro collaboratore in proposito meritano tutta l'attenzione e una discussione esauriente), ma non è assolutamente possibile pensare di potere in avvenire dare vita e sviluppo al movimento cooperativo in Italia nella illusione che lo Stato possa fare per tutte le forme di attività cooperativa in ogni parte d' Italifl quello stesso che, in un periodo di eccezione e di in/ antilismo sociale, potè fare direttamente e indirettamente per la cooperazione ravennate. Tale illusione diede vita, dopo la guerra, ad una artificiosa attività cooperativa di speculazione (e a favore, purtroppo, anche di privati speculatori 1) precipitata ben presto nel fallimento, che è riuscita a falsare il carattere della cooperazione, che l'ha inquinata un po1 dapertutto e che ha prestato il fianco ad una campagna che doveva colpire insieme alla falsa anche la sana cooperazione. Basandosi e fidando principalmente sulle proprie forze, sullo spirito di sacrificio e sull'attività dei suoi soci, la cooperazione operaia potrà ' avere forza, consistenza, avvenire. E la via più difficile, ma è anche l'unica veramente sicura. LA CRITICA POLITICA VOLONTÀ CREATIVA DELLA COOPERAZIONE È specialmente nell~ Provincia di Ravenna che la volontà creativa della classe lavoratrice è assurta a vera passione. I lavoratori romagnoli sono insofferenti di tuttociò che impedisce loro di lavorare e creare cose socialmente utili; da quarant'anni a questa parte essi si organizzano per rifare la loro Regione onde essa possa dare a tutti i suoi figli un più alto livello di esistenza materiale e morale; fanno da sè fin dove arrivano le loro forze e risorse accumulate ; impongono ad • I iblioteca Gino Bianco I
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