28 LA CRITICA POLITICA -cultura, e perciò, lasciando che le vagheggiate riforme riescano a dare agli organismi politici, nazionali e regionali, quella semplicità ed autono1nia che non sono incomp·atibili con l'unità~ a me sen1bra che compito della regione e dei regionalisti dovrebbe essere invece quello di valoriz- .zare più che fosse possibile quegli elementi che ne costituirono un giorno la gloria più grande, e che possono essere anche oggi il segreto per una sua efficace rinascita. È infatti indiscutibile che se lo spirito regionale contribuì spesso a tenere l'Italia divisa e smembrata ed acuì gli interni dissidi e le fraterne discordie, favorì però, con l'acceso desiderio di predominio, col tenace amore alla propria libertà, lo sviluppo delle forze individuali, la maturazione d_egli ingegni e promosse al tempo dei nostri Comuni quella -splendida fioritura di opere che solo .un popo·~o grande e conscio delle -sue forze. può produrre. Che se un- difetto vi fu in quelle epoche gloriose, difetto che finì per ininarne lentan1ente la vita e l'avvenire, fu proprio l'aver spinto lo spirito di autonomia e di indipendenza sopra un terreno essenzialmente politico, dove spesso alla rettitudine della visione fa velo la passione di parte. Finchè le corporazioni di n1estiere dal cui seno sorsero i nostri più grandi artigiani, non divennero organismi di governo e quindi strumenti di difesa e di offesa, clientele chiuse e sempre in arini, ebbero un' efficacia· im1nensa, dappri1na come, salvaguardia dello spirito latino contro i barbari invasori, e poi per lo sviluppo e l'incremento delle arti che erano I il loro oggetto naturale. Non tutto dunque nel nostro passato è ·itnitabile; 111a,tolti gli eccessi, quanto ricca messe di insegnamento può essere oggi per i regionalisti lo studio di queste attività che se nel campo politico hanno alimentate le discordie e cresciute le divisioni, nel campo delle arti hanno creato tutta la ricchezza ideale della nostra nazione. Di questa passata grandezza nel campo del bello noi non sempre. abbiamo precisa e adeguata coscienza, troppo facilmente anzi noi condanniamo oggi cotne sterili quelle gare che il proverbiò ci ha insegnato a designare col nome di < lotte di campanile >, solo perchè non ne co1nprendiamo più lo spirito animatore. Il costruire il più bel palazzo comunale o la più alta torre civica-non era solo una gara di ingegni ed uno sforzo di abilità tecniche - il ~he già non sarebbe stato poco - ma era un'alta affermazione di potenza, era un lasciare nei secoli un degno ricordo di quello che un popolo, • spesso piccolo, ma concorde, sa produrre, geloso della sua libertà e della sua grandezza. Quando il' piccolo comune umbro faceva incidere sul portale ·del suo palazzo la frase liber ub utroque homine non sapeva probabilmente a qual saggia filosòfia politica si ispirasse, e forse quelle parole uscirono dalla mente dell'artefice con quella naturalezza con cui si dicono le cose più semplici della vita : ma è certo che esse erano Biblioteca Gino Bianco ~
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