22 LA CRITICA POLITICA fra le singole protezioni. Ma in realtà basta confrontare i listini dei prezzi col livello dei dazi per çonvincersi che, almeno per 1noltissime i~dustrie, la protezione è stata concessa in 1nisura tanto eccessiva eh' esse non hanno il mezzo di giovarsene se non in minin1a parte. Perchè il dazio potesse essere sfruttato nella sua integrità, sarebbe necessario che si moltiplicasse la capacità di assorbimento del mercato interno, o che i produttori riuniti in sindacato trovassero più conveniente li1nitare la produzione ed elevare i prezzi. D'altra parte quella dell' équilibrio tra le varie protezioni è una vecchia fisi1na, cento volte ripetuta e se1npre contraddetta dalla logica e dalla realtà. Proteggere tutti in misura uguale o proporzionale equivale perfettamente a non proteggere nessuno. È vero che il direttore di ques_ta rivista. e moltissimi amici nostri ritengono che tutte le i_ndustrie italiane siano protette a spese dell' agricoltura e condannano perciò tutti i tentativi di aiutare lo sviluppo industriale, come la coltura artificiale di una pianta parassitaria. Ma la realtà è alquanto lontana da questa concezione eccessivamente fisiocratica del nostro sviluppo e della nostra politica economica. Effettivamen~e nel tentativo, non del tutto ingenuo, di creare una protezione integrale e solidale che legasse il maggior numero di interessi al carro del protezionismo, si sono cgncessi dazi elevatissi1ni in favore del vino, dell'' olio, del grano e - sotto altra forn1a - delle barbabietole. D'altra- parte non è possibile affern1are che un paese così densamente popolato co1ne l' Italia, e dove un terzo della già scarsa superficie è incoltivabile, debba considerarsi eternamente votato dalla natura alla sola produzione agricola, e negato ad ogni sviluppo industriale (1). (1) Veramellte noi non abbiamo ntai pensato e detto che il nostro paese < debba considerarsi eternamente votato alla sola produzione agricola e neg·ato ad ogni sviluppo industriale>; pensiamo invece ed abbiamo sostenuto (si rilegga pure il nostro articolo nel .fascicolo di dicenibre) che uno sviluppo industriale nel nostro paese può essere solo in relazione alla nostra attività e al nostro • progresso nell'agricoltura, ciò che è ben diverso. La natura segna ad ogni paese la sfera di principale attività! La civiltà inglese è necessarianiente industriale, la nostra necessariantente agricola. Con ciò non si vuol negare la possibilità e la convenienza stessa del sorgere e dello svilupparsi anche itt Jtalia di forme di attività specializzata le quali, pur non traendo dal paese le materie prime di lavorazione, trovino nel genio della razza, nelle particolari attitudini degli abitanti, nelle tradizion[, nei bisogni locali ecc. le condizioni favorevoli per affermarsi, svilupparsi e per conquistare anche il mercato estero. L'industria meccanica può avere, come g·ià ha avuto, notevole sviluppo, se,npre però liniitatamente ad alcune forme di attività specializzata; ma non è assolutamente possibile pensare per l'Italia', come è possibile per l'Inghilterra e per la Francia, ad una grande industria del ferro. Co,ne l'amico Luzzatto vede, la nostra concezione dell'economia non è afBiblioteca Gino Bianco
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