La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 36 - 17 settembre 1908
22 Si sentiva distintamente il rumore delle fucilate, ma eravamo cosi stremati dalla fame e dalla fatica che ci fu giocoforza fer- _ marci. Pagata alla guida l'altra metà della somma itabilita, ci rifocillammo alquanto ad una locanda mentre i granatieri del confine ci facevano festa e ci fornivano quanto potevano, vestiti, coperte, munizioni. Caravà, comandante dei granatieri, spediva ogni momento aiu- tanti in borghese, per avere notizie dei fatti, a Monterotondo, di- stante da Corese otto o dieci chilometri. Si seppe alla sera che Garibaldi non era ancora entrato in Monterotondo e che alla mat- tina seguente sarebbe ricominciato l'attacco. Decidemmo allora senz'altro di prenderci parte e di ripartire alla mattina di buo- n' ora da Corese. Passammo la notte in un' osteria ove procurai pure di arrangiare alquanto i piedi per esser pronto alla dimane; ma i piedi erano rotti e le scarpe rovinate. 27 Ottobre e aeg. — Al mattino per tempo, assieme ad Angeli, mi incamminai zoppiccando verso Monterotondo, ove si sentiva più accanita che mai la fucilata. Sulla strada trovammo diversi garibaldini che vilmente avevano abbandonato il loro posto. Pren- demmo ad essi le armi e proseguimmo il cammino. Giunti al Grillo, villaggio posto a circa metà strada, sapemmo che Menterotondo era già stato preso e poco dopo incontrammo i prigionieri papalini, antiboini, gendarmi, cannonieri, ecc., in nu- mero di 350 circa, che, scortati dai nostri, erano condotti a Co- rese. Avevano una paura maledetta,, credendosi in mano di bri- ganti, mentre invece venivano trattati con tutti i riguardi. Giunti a Monterotondo, piccolo paesetto posto sopra una ridente collina coperta di vigneti, trovammo tutti gli amici di Forlì che ci accolsero con festa, credendoci ormai morti. Ritrovammo Patii- bon, che, più fortunato di noi, aveva trovato per istrada un car- retto che in poche ore lo aveva trasportato a Corese; trovammo pure Febo, Tabacchi, Pietrasinta e gli altri compagni. La posta di Monterotondo era stata abbruciata per mozzo di zolfo che I nostri, guidati da Menati, avevano, con incredibile audacia, accumulato sotto di essa. Mentre entravamo in paese, scorgemmo un frate domenicano fra tre o quattro garibaldini ar- mati: era stato scoperto in cantina ove il terrore lo aveva fatto rimanere per oltre quarantott'ore: Si dicevi che aveva fatto fuoco contro i nostri. Era pallido come un cencio e tremava come una foglia. Però nessuno gli fece del male, poichè Garibaldi aveva dato ordine di rispettarlo: fu condotto prigioniero nelle sale del- l'ospedale." L'ospedale era diretto da Bertani, capo d' ambulanza, l' unico
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=