La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 36 - 17 settembre 1908

19 Non pratici del luogo, ci incamminammo senza una direzione, quasi a caso, mossi solo dalla speranza di allontanarci da Roma. Ma, con nostra sorpresa, ci accadde il contrario: infatti sorpassata una collinetta, ci trovammo improvvisamente davanti alle mura della Città ed udimmo persino il suono delle campane. Voltammo precipitosamente indietro, cacciandoci in direzione opposta. Camminammo rosi per due o tre ore, quando cominciò a farsi sentire prepotente il bisogno di mangiare. Eravamo tutti provvisti discretamente di denaro, ma dove andare? Adocchiata una fat- toria, ci avvicinammo, ma tosto due enormi cani si slanciarono ferocemente contro di noi e fu ventura che un contadino, uscito allo strepito, li richiamasse. Dalla fattoria uscirono altri uomini ed una donna. Chiedemmo pane e latte, mostrando per maggior sicurezza il denaro, ma essi squadrandoci da capo a piedi con somma diffidenza, risposero che non avevano nulla da darci: poi, dopo essersi scambiati qualche parola sottovoce, uno di essi montò a cavallo e sparì. Allora noi, Insospettiti, procurammo di allontanarci, meglio che si potesse, da quel luogo inospitale. Fu forza proseguire: io feci osservare che in mancanza di guide, sarebbe stato bene seguire la ferrovia a certa distanza per poter avvicinarci al confine. Cosi infatti si fece. Ma ecco che dopo un' ora di cammino circa, ci si para dinanzi' il fiume Teverone. Come si fa a passarlo? Vedevamo due ponti, uno per la via Salara, l'altro per la ferrovia, e sul primo un ca- sotto di guardia con due carabinieri papalini sul limitare. Ci na- scondemmo dietro una folta siepe per deliberare. Il ponte ferroviario era a duecento metri circa dall'altro e sopra il medesimo stavano a lavorare due operai. Allora Febo si avvi- cinò pian piano e, fatto cenno ad uno degli operai, gli richiese se si poteva passare per di là: forse quel buon uomo capì tutto, poiché, senza parlare, fece cenno a Febo di passare strisciando carponi dietro una specie di argine che sosteneva i binari. Egli passò e noi, dopo di lui. Tosto ci butammi nuovamente al largo. Ritrovammo Tabacchi ed alcuni altri del nostro corpo: Fabris si accompagnò ad essi: restammo quindi in tre, per non dar troppo nell'occhio, io, Angeli e Chiap. Intanto era già il mezzodi e la fame, unita alla stanchezza, erasi fatta così grande, che or- mai uno 'solo divenne il nostro pensiero: trovar da mangiare do- vunque fosse. Inoltre cominciavamo a comprendere che, senza una guida, di- ventava impossibile toglierci da quel labirinto. Finalmente incontrammo un giovinotto che, da noi pagato, ci •

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