La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 35 - 10 settembre 1908

16 il carico. Tornati all'osteria, dopo aver lasciati alcuni a guardia delle barche, ci ristorammo alquanto Alla meglio e verso sera ci Imbarcammo. • Il grosso della colonna con Giovanni Cairoli prese posto nel bar cono, ben coperto da un ammasso di legna che stava sul bocca- porto. In una delle barche, come avanguardia, si collocò Strigliati con cinque o sei uomini; nell'ultima barca si pose Enrico Cairoli che scelse ad accompagnarlo cinque o sei fra i quali io, Febo e Peti-bon. Ci coricammo tutti in fondo al canotto nascondendoci con stuoia. Enrico si mise al timone. Il fondo della barca era per alcuni centimetri pieno d'acqua, per cui io, stando coricato sulla parte sinistra, vi rimasi immerso per più ore. Il Tevere era in- grossato e ci :.trasportava velocemente, senza bisogno di remi, verso Rolga. Mono era il coraggio, ma grande pure l'ansietà. Il maggior pe- ricolo era di essere sìoperti dai papalini o dai gendarmi che per- lustravano le coste, o dai doganieri nei punti di scalo: era evi- dente che costoro ci avrebbero sparato contro per mandarci a fondo, oppure avreaero telegrafato a Roma per farei sorprendere all'arrivo. In caso di attacco, Calcoli aveva deciso di tirar dritto se si poteva, oppure di sbarcare sulla riva opposta. Passammo felicemente sotto Monte Rotondo. Intanto la barca d'avanguardia, avendo scorto sultla riva alcuni pastori che osser- vavano con aria sospetta, toccò terra e li arrestò, nel timore che avvisassero qualche posto militare. Al Grillo poi furono arrestati e trattenuti anche due doganieri, saliti sul barcone a visitare il carico. Intanto si era già fatto notte, e noi tenevamo d'occhio il bar- cone perciò non si perdesse nell'oscurità. Fu quella veramente una notte da romanzo: procedevamo silenziosi sulle onde dello storico fiume tutti assorti nell'idea di una grande impresa: l'o- scurità ci favoriva: il silenzio era assoluto; solo tratto tratto si sentivano i rimbombi delle frane cagionate dall'impeto della cor- rente, che rompevano quel tragico silenzio. Cairoli, ritto al timone, non parlava: il suo occhio, come il suo cuore, era rivolto a Roma: sul suo viso si leggeva la fermezza, il coraggio e la speranza. D'un tratto, il suo volto si illuminò di gioia: noi tutti balzam- mo: dalla parte di Roma Si era sentito distintamente un forte rumore: non potevano essere che fucilate: tendiamo l'orecchio; il rumore s'accresceva. Finalmente a toglierci ogni dubbio si fece sentire un lungo rimbombo: era la voce del cannone. Duncibe in Roma si battevano, dunque realmente si era iniziata la lotta l Il disegno dell'a.•nostra spedizione non sarebbe quindi

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