La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 35 - 10 settembre 1908
\ a Cantalupo, ove si arrivò circa verso sera. Là il drappello viene ordinato in squadre e squadriglie: Comandante capo Enrico Cai - roti; diviso il corpo in tre squadre: Capo della prima Giovanni Cairoli, della seconda Tabacchi di Mirandola, della terza 'sacchi, lombardo. Stabilite Così le cose, Cairoli ci rivolse ancora poche parole colle quali qualificando l' impresa nostra non come arri- schiata, ma come disperata, ci chiedeva ancora se proprio tutti ci sentivamo disposti a rimanere. Non uno si mosse. I due fratelli Cairoli spiegavano in tutto un'attività veramente febbrile. La febbre del patriottismo e l'ardore della più nobile ambizione li spingeva. Si vedeva chiaramente che essi facevano dell'esito della spedizione una queétione di vita o di morte: ci animavano colle parole, procuravano non ci mancasse nulla, gi. ravano innanzi e indietro pensando a tutto. . Rifocillati e presi con noi alcuni carri, si riprese verso notte il cammino e all'indomani mattina giungemmo presso a Corese. 22 Ottobre. — Era questo il paese di confine segnato da una branca del Tevere: di qua Corese propriamente detto, italiano, di là il territorio pontificio con un'cisteria e qualche casa. Ci arrestammo a trecento metri, circa dal paese, caricammo le nostre armi, e fu mandato uno ad esplorare; questi tornò, dicen- do che il paese era occupato dai granatieri italiani che facevano la guardia sui ponte della via postale. Cairoli ci fece andare innanzi e quindi pian piano, ad uno ad uno tentammo di passare per un ponticello di legno poco distante dall'altro, principale. Ma la sentinella che stava su quest'ultimo, ci intimò di fermarci, ed avendo alcuno dei nostri mostrato di •non porle niente, essa accennò a sparare. Allora Cairoli ci fece arrestare, e si recò dal Colonnello dei Granatieri, certo Caravà, uno dei mille, col quale già erano stati fatti accordi, ed allora fu dato ordine alle sentinelle di non mostrar di vederci, e passammo ' tutti. Entrammo quindi in massa adoccupare l'osteria posta sul- l'altra riva del Tevere, ponendo uno dei nostri su di un poggio in vedetta. All'osteria troviamo duecento o trecento fucili impa- gliati in materassi, che Oairoli vi aveva fatto nascostamente per- venire: il Tevere distava circa un chilome.tro ed in esso stavano pronti quattro canotti con un barcone da legna guidati da alcuni giovani barcaiuoli di Roma, già garibaldini, gente fidata, man- dati dal comitato di Roma. Cominciamo col trasportare i fucili dall'osteria alla riva del fiume e quivi caricarli sui canotti e sul barcone. Ma intanto due barche erano sparite, forse trasportate dalla corrente. Cairoli si mostrava assai inquieto per questo. Ca- deva un'acqua dirotta ed impiegammo più- di tre ore per compire 15
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