La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 31 - 13 agosto 1908
'30 il folto dei miei capelli, divenuti più folti di quando me ne ero andato, e buttò via il mozzicone spento del vir- ginia. — Addio! Nei mesi della mia assenza il carattere di Emma si era come ringagliardito. Non era più paurosa, non aveva più la prudenza del silenzio, non tremava più dinanzi l'uomo ch'ella aveva l'abitudine di considerare come un padrone. Parlava da pari a pari, con un tono sovente imperativo, mi rimproverava davanti a lui senza la proccupazione che il marito divenisse sospettoso e si occupò delle mie donne con un linguaggio che sentiva dell'offesa personale. A.chi o a che cosa si doveva attribuire il passaggio dalla ca- gna sottomessa a tutti i voleri del sultano di casa alla indipendenza assoluta? L'ho saputo più tardi, quando ha mandato a bella posta le ragazze a fare delle commissioni per rimanere sola in casa. Si è sfogata. Mi ha urtato e baciato: Mi ha decom- posto con la brutalità della donna ferita e mi ha ricom- posto con la delicatezza della innamorata cotta. Ingrossava la voce con i pensieri neri o turbolenti, e poi discendeva alle note soavi che mi passavano sulla pelle come un a- lito tepido d'amore. — Buona Emma! le dissi cingendole il collo e pre- mendomela sul petto tutta .calda, tutta coperta dei miei baci. — Se tu sapessi il male che mi hai fatto! Te l'avevo detto, non avrei .voluto più amarti, mi disse slacciandosi dal mio abbraccio, ma il mio cuore non ha trovato re- quie. Ti ho stracciato come• un'immagine abbominevole. Inutile. Il tuo viso è stata la mia persecuzione. Vivevi con me. Nei miei affanni, nelle mie speranze. Ci sono stati momenti che sono andata in giro per le vie come un bracco che ha perduto le tracce del padrone. Il mio umore nero ha fatto tremare perfino Paolo, che non mi aveva mai veduta che nella veste dell'umile donna che fa le faccende di casa. Volevo sapere se tu eri vivo o morto. Ho cercato fra i miei torti la ragione della tua scom- parsa. Fuggito Così, senza una ragione al mondo, per il
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