La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 28 - 23 luglio 1908

29 chiamava Rosa, erano più il risultato dei miei studii che del mio temperamento. Bastava un nonnulla per sbron- ciarmi o buttarmi sulla faccia l'ombra dello scontento, Tutti mi volevano bene. Non si faceva cosa senza con- sultarmi. Perfino le donne, Teresa e Chiara, avevano ca- pito che io dominavo l'ambiente. I miei desiderii erano ordini. Il signore era il mio nuovo Gamba. Senza di me pa- reva perduto. Alla mattina, mentre Chiara ci preparava la colazione all'inglese, io e lui, nell'elegante costume bianco, con la sigaretta in bocca, braccio sottobraccio, passeggia- vamo in giardino raccontandoci aneddoti, letture, avveni- menti, scene della vita famigliare come giovinotti che por- tassero nella testa gli stessi sogni. Io prendevo il posto di discepolo quand'egli entrava nella vita vissutg„ La sua esperienza era la mia manna. Mi diceva che io ero troppo intelligente perchè mi per- mettesse di crescere senza una laurea. — Tu devi laurearti. Vinceva tutte le mie opposizioni. I professori privati ci avrebbero pensato a prepararmi per gli esami della li- cenza liceale e lui mi avrebbe fatto iscrivere all'Univarsità di Pavia come uditore per guadagnare l'anno che avrei perduto nella preparazione. — Credilo, fra noi trionfa il più forte. Un titolo è una protezione. Non innamorarti degli eroi della soffitta. Cer- velli balzani, scapestrati che hanno l'ambizione di essere chiamati irregolari — perchè fanno tutto quello che nes- sun sente il bisogno di fare. La loro occupazione è l'ozio. Sono caricature. Sanno a memoria qualche strofa di De Musset senza l'ingegno per comporla. Attribuiscono i loro insuccessi alP asinità dei contemporanei. Sono pa- rassiti alle spalle dell'amicizia o della benevolenza degli altri. Qualcuno di loro finisce nel giornalismo — la sola pro- fessione che accetti la gente che non trova mai la pietra su cui lavorare. C'è così un giornalismo debole, impo- tente, buono solo a fare la voce grossa intorno al pette-

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