La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 26 - 9 luglio 1908

APPENDICH (2í) LA VITA TURBOLENTA DI RAIMONb0 tiEWDERSON C'è voluta la mia pazienza a pacificarla. Piangeva di- rottamente, mettendo tra un singhiozzo e l'altro un ter- ribile giuramento, promettendo a sè stessa di abbandonare una casa che le era divenuta odiosa. Ella era rimasta af- fondata nella poltrona della sua stanza da letto con gli abiti tutti gualciti, con il cappello in testa che pareva uscito da un temporale, con i fiori rovesciati da una parte, con i guanti dai diti lacerati dalla furia, dalle fa- langi spaccate in due. Le presi le mani in ginocchio, con la bocca che andava da un dorso all'altro, lasciando baci dappertutto; le dicevo parole slegate che le andavano al cuore e la obbligavano sovente a curvarsi sulla mia testa ch'ella palpeggiava còn le mani tremanti e baciava con nuovi impeti di pianto. Poi, quando si ricordava delle violenzè del signore, mi buttava via la testa e mi diceva che gli uomini erano tutti mascalzoni, che non avevano rispetto della donna, che battevano la donna, che andavano coi piedi sul corpo della donna. Una volta che hanno soddisfatti i loro ca- pricci diventano volgari, insolenti, bruti che fanno schifo. E mi metteva nel mazzo, dicendomi che un giorno o l'altro, per ricompensarla dei suoi sacrifici, avrei fatto come lui, il padrone, un prepotente che non aveva di buono che i suoi danari. Ella era con lui da quando c'era in vita la moglie, e aveva veduto quante le ne aveva fatte passare. Gli aveva portato la dote di donna ricca, ed era trattata peggio di una serva. Ruvido, infedelè, esigente, isterico come una femmina. Lui, che era il suo amante, faceva con lei il ge- loso per avere il pretesto di rimproverarla, di sbatterla contro i muri come aveva fatto con lei pochi minuti pri

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