La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 26 - 9 luglio 1908

22 da 37 anni ho affettuosamente e disinteressatamente difesa la causa del popolo, venni sempre dal corpo elettorale prescelto a coprire i più alti posti e mi vidi affidate le cariche più ambite con una costanza di cui sono orgoglioso. Ne le mene dei tristi poterono per un momento solo affie- volire il popolare affetto per la mia persona, che anzi si ingi- ganti quando fui fatto segno a persecuzioni notoriamente in- giuste e immeritate; e non vi è nulla che irriti maggiormente la fierezza isolana della sopraffazione e persecuzione al debole e all'innocente! E' pare che essi abbiano comune tale disposizione di animo coi popoli più civili del mondo! Chi non ricorda la sollevazione della pubblica coscienza in Francia all'annunzio di condanna del Dreyfus, per il solo dub- bio della di lui innocenza? E come non doveva sollevarsi quella dei Siciliani, che in gran numero mi conoscono e che avevano il fermo convinci- mento della mia innocenza, quando poi dai miei avversarii giammai potè presentarsi una prova della mia colpabilità? Come non doveva sellevarsi la coscienza pubblica isolana al- lorchè vide e seppe che per opera di pochi pretendevasi fare di me la vittima espiatoria delle fantastiche colpe della re- gione? Ingiusta è l'accusa lanciata contro tutta la Sicilia di un pre- teso primato della delinquenza. Le statistiche giudiziarie sono a per provare il contrario. E se nella classifica dei diversi reati, abbondano in Sicilia quelli di sangue, ciò deve ascriversi all' indole degli abitanti, al clima, alla esacerbazione degli animi provocati da soprusi polizieschi, acuita dalle durezza fiscali, e sopratutto perchè il popolo non ha intera fiducia nell'amministrazione della Giu- stizia del proprio paese! E ne è prova mirabile l'entusiasmo sincero destato nel Par- lamento italiano e in tutto il pabse dell'opera salutare di epu- razione della magistratura, con raro coraggio e con serena co- scienza oggi pressoché compiuta dall'attuale Guardasigilli pro- fessore Orlando, degnissimo figlio di Palermo, che in poco tempo ha acquistati diritti alla pubblica riconoscenza, forse maggiori di quanti né meritò Zanardelli, l'autore del codice che impera in Italia. Volere giudicare adunque una gloriosa regione, quella ap- punto che per ben due volte salvò la civiltà d'Europa, attra- verso quei fatti delittuosi che vengono consumati tanto in Si- cilia che in ogni altra parte della terra, è una grande ingiu- stizia, e lo è maggiormente quando all'opera di pochi delin- quenti vuolsi dare un titolo ingiurioso per denigrare ed infa- mare un popolo intero. Ma meglio degli articoli di qualsiasi pubblicista, tocca al po- polo di Sicilia e al gran numero di Siciliani venuti a portare

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=