La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 26 - 9 luglio 1908
Duca, non tardai molto a capire e a sentire che nella Famiglia reale ciascuno mi attribuiva una parte di responsabilità nelle sue azioni, come se io avessi dovuto o potuto dirigerlo e farlo piegare a mia volontà. DI ciò mi accorgevo in mille modi. Lo sentivo nelle parole agro dolci della Regina Madre; — Mais, monsieur de La Rocca, pourquoi n'avez-vous dono pas ,ramenè Victor plus tht ? E questa quando per caso eravamo tornati con cinque minuti di ritardo all'ora della colazione o del pranzo, e non per altro che per forza maggiore, come la caduta di un cavallo, la rottura di una sala della carrozza: circostanze che Carlo Alberto non am- metteva e per le quali mandava subito il Duca agli arresti, quan- d'anche, come accadde una volta, arrivasse con un braccio al collo. Lo sentivo agli sguardi dolci e supplichevoli della Duchessa di Savoia, alle sue parole: Monsieur de La Rocca, je vous en pile, ne laissez pas passar Victor à eheval dans le tourrent Sangone (quando eravamo a Stu- pinigi), ou dans la Polcevera (quando eravamo a Genova), I, cour- rant pourrait l'emporter. Lo leggevo nelle occhiataccie che Carlo Alberto mi lanciava an- che prima di aver guardato il figlio; e perciò badavo per quanto m'era possibile che nessun inconveniente accadesse. Ero esattis- simo non soltanto per indole militare, ma anche per ferma vo- lontà; prevedevo, davo ordini precisi al seguito di caccia e alle scuderie: ma tutti sanno, e Carlo Alberto solo non voleva sa- perne, che vi sono accidenti imprevedibili, i quali vengono a ri- tardare il cammino a chi deve adoperare altri mezzi di trasporto che non siano le proprie gambe. Quanto poi a non lasciar che il duca passasse a guado i tor- renti, nè saltasse pericolosi ostacoli, avevo sempre cercato di farlo: ma allorchè non mi vedevo ascoltato, e dopo le raccomandazioni avute, mi provai a guisa di protesta a girare sotto gli occhi suoi gli ostacoli, mentre egli li salta", e a passare sul ponte tutte le volte oh' egli voleva scendere nell'acqua, bene inteso, quando pericolo non v'era. Come tutti i giovani audaci e particolarmente i Principi, che si credono in obbligo di avere o di mostrare coraggio doppio degli altri, egli era molto spesso imprudente o spavaldo; godeva nel far cose pericolose, fuori del comune, per darsi importanza, quando non fosse altro, agli occhi dei cacciatori e del seguito e per po- •terle poi raccontare, tornando a Racconigi o a Torino. Era perciò degnissimo figlioccio di Vittorio Emanuele I, col quale, occorrendo, avrebbe saltato il carro di fieno! Con l'andar del tempo riuscii,
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