La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 18 - 14 maggio 1908

31 C'è stata un'altra pausa lunga, perché Cecchini con- tinuava a toccare la posata. Ripresa la parola, ci siamo sentiti sollevati. Con la voce che si alterava fino all'indi- gnazione e discendeva ai toni cavernosi della parola sot- tolineata, egli ha saputo mettere Garibaldi e Pallavicini a faccia a faccia, dando al primo l'aureola del martire e al secondo la bruttezza del parricida. Il maggiore Chiesa, in fondo, che aveva ascoltato la narrazione trattenendo i suoi impeti, battendo i denti sui denti e voltando gli occhioni neri in un modo che ci di- ceva che sofiriva, o pulendosi i baffoni col tovagliolo te- nuto per i due capi, a un certo punto scoppiava, dicendo che se ci fosse stata lui quel tenentino che aveva doman- dato la spada al generale non avrebbe finita la frase. Con le braccia agitate, egli fece l'atto che lo avrebbe buttato giù dal monte. — Quando s'è in guerra non si fanno complimenti. Che ambasciatore! Un tenentino che domanda la spada a un generale come il nostro Ha fatto bene Garibaldi a ri- fiutarmi con la mia gamba di gomma, perché io avrei commesso uno sproposito. I commilitoni, che volevano udire Cecchini, gli face- vano segno di tacere, • Soffocato dalle mani dei commensali, si è tolto il ba- stone che aveva sempre fra le gambe quand'era seduto e si mise a farlo girare a mulinello al dorso dei compagni vicini per scaricarsi della rabbia che gli aveva imbiancato il viso. - Quando Cecchini disse che c'erano state delle fucilate e che i bersaglieri avevano disarmato i garibaldini e che c'è voluto mezzo mondo a impedire alla truppa regia di portare giù dal monte il Capo delle camicie rosse, tutta la sala si è riempita di bestemmie. — Vigliacchi! — Boia di una madonna! diceva disperandosi il Chiesa, mentre si alzava e si metteva a passeggiare. Se c'ero io, sarebbe stato il finimondo. In quel momento si è sentito che qualcuno era giunto in anticamera.

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