La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 18 - 14 maggio 1908

'26 veri come Giobbe. Ma ahimè, patrizi dal glorioso lignaggio, e pratici spiriti industrialeschi, si trovarono mirabilmente concordi nel voler esporre più volentieri l'angusto nome, del volgari soIdont. Come il marchese di Forlipopoli nella Lo- candiera, pare ad essi già troppo il proteggere della loro autorità quella vispa Mirandolina che è l'arte lirica, senza dovervi aggiungere anche il viatico di qualche centinaio di lire. Quando lo sbilancio di una stagione segnava uno o due biglietti da mille a carico di ciascun caratista era una deso- lazione in ogni casa di Mecenate, come i di che la morte faceva strage del primogeniti nei palazzi dei Faraoni. Così forse per un sincero cattivo gusto, forse pel terrore di ve- der,diminuite le probabilità, di pareggio, la società esercente la Scala non si mostra tenera che di spettacoli di successo sicuro e di irresistibile richiamo. Anche le menti più colte o meno impastoiate nelle vecchie formule artistiche si trova- rono cosi solidali coi filistel nel proscrivere ogni tentativo che minacciasse l'equilibrio del bilancio, ed ogni sera di teatro squallido era loro più amara di una vigilia. Fra questi due elementi l'ano decisamente antiartistico, l'altro di un timoroso spirito bottegaio, Arturo Toscanini, non poteva certo ostinarsi a combattere Se gli esercenti il teatro fossero stati disposti a tutti i sacrifici, l'austero mae- stro avrebbe ben saputo ala fine vincere quel terribile ne- mico che è il misoneismo della folla. Il gusto del pubblico si educa colla pazienza e colla fede, ed Arturo Toscanini aveva tutti gli attributi del credente e tutte le energie del- l'apostolo; se almeno la maggioranza degli spettatori fosse stata per lui, gli sarebbe stato facile disarmare le diffidenze del mecenati; il successo finanziario sarebbe stato chiave da aprirgli tutti i cuori; l'istinto dei Medebach non si smen- tisce anche se si tratta d'impresari occasionali; ma ci sa- rebbe voluto una tempra adamantina ed un incomparabile spirito di devozione per resistere a queste due opposizioni continue e sistematiche, quella del pubblico che voleva es- sere cullato nelle sue ottusità cerebrali, e quella dei mine. nati che non volevano essere traditi nella borsa... Arturo Toscanini non ebbe tanto eroismo e gettò sdegnoso quella bacchetta che non sapeva nè infondere un più puro senti- mento d'arte nell'anima meneghina, né far zampillar l'oro nella cassetta dell'Impresa. Ma temo ahimè che il suo alion • tanarsi in questo momento e per queste ragioni, segni l'ir- reparabile decadimento del nostro grande teatro. Il fallito tentativo di Toscanini segna nettamente la via a coloro che gli succederanno. E' oramai stabilito per ripe- tute esperienze che il pubblico nostro s legna ogni audacia di ricercatori e non apprezza che gli onesti piatti paesani e tradizionali. Solo gli autori d'archivio e da conservatorio, dovranno dunque aver diritto di cittadinanza alla Scala, e le

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