La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 18 - 14 maggio 1908

15 usanza le conferisce ancora quasi aureola della sua antica luce, e che si sarebbe potuto consolidare con non soverchio sforzo Essa aveva per 8è troppi elementi proplzli nella sto. rla e nella leggenda perohè le riuscisse difficile Illustrare di nuovi fasti 11 suo buon nome assai compromesso. Ma sa- rebbe stato necessario maggiore educazione artistica da parte della folla minor grettezza fra I cosidetti mecenati, e forse una più grande abnegazione da parte di Arturo To- scanini. Il pubblico milanese, a non voler parlare della sua man- canza di distinzione e di serietà„ è rimasto intellettualmente troppo arretrato. Le grandi correnti del pensiero moderno turbinanti sul teatro e nell'accademie, il sentimento della vita inquieta ed intensa aspra e delicata insieme che agitai grandi centri, la febbre del godere ad ogni costo e sia pure un poco di quella morbosa smania dello strano che caratterizza le sensibilità raffinate ed insoddisfatte, non turba ancora le nostre &Mille protette da troppo adipe. Noi viviamo in un quasi felice equilibrio fra le nostre facoltb e le nostre aspi- razioni, fra i nostri mezzi e le nostre esigenze, da bravi padri di famiglia che sanno ben bilanciare le entrate colle spese: la nostra gloria é ancora quella degli impiegati dl carriera, lenti come testuggini, sani come vitelli e ragione- voli come gli articoli del Corriere della Sera, ed amiamo le emozioni semplici comuni e rudimentali come ce li può dare una eaballetta di Verdi o di Rossi:il. Il cosmopolitismo che nelle metropoli mostruose reca insieme a molte ricchezze ua enorme contributo di gusti, di desideri e dl tendenze inusate che si immettono come fresche acque diverse nelle correnti tradizionali trasformandole o rinnovandole, non è ancora penetrato e forse non penetrerà mai nella nostro città tranquillamente operosa. Così che noi siamo come 11 vecchio albero che spreme frutti rachitici da un terreno e- sausto, mentre teme l'Innesto rigeneratore. E sappiamo anche irrigidirci contro ogni tentativo che turbi la nostra serena beatitudine, e ci culliamo all'ombra delle nostre antiche glorie come vecchi innanzi alle reliquie di un loro trapassato amore, senza avvertire che giovani cuori palpitano sempre di tenerezza, e che un nuovo Romeo allacciò la sua scala di seta al balcone della bella. A questo meschino misoneismo del pubblico, ostinato nel ri- guardare indleiro come la moglie di Lot, la città che rovina, avrebbe potuto porre argine la larghezza di mente, e l'anima audace del signori che al assunsero l'esercizio del teatro. Se in essi iosse stata meno viva la preoccupazione del guada- gno o meno ossessionante il timore del perdere, avrebbero certo avuto modo di rendersi benemeriti delle Mese e delle Grazie acquistando tutta la nostra ammirazione, e la nostra riconoscenza, senza arrischiare per questo, dl diventar po-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=