La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 16 - 30 aprile 1908

24 d'Italia? Io credo di no, ma può darsi che io mi sbagli. La metto fra le apolitiche. Ma se le si può dare qualche colore politico, bi: sogna confessare che era democratica. Le sue simpatie — se le manifestava. — erano per gll uomini di sinistra e la sua indiffe- renza per l'oligarchia moderata. In casa sua si vedevano i Depretis i Cairoli, i Nicotera, i Mancini. La malattia grave della bella Rosina era l'ingordigia del danaro. Non ne aveva mai abbastanza. Con la mania che le era venuta di comperare possessioni il re galantuomo era obbligato tante volte a firmare cambiali ingenti cambiali dia poi non potendo pagarle con la lista civile, doveva pagarle il Parlamento, in nome Un'onore nazionale. Gli uomini di sinistra, Depretis compreso, non gli negavano nulla. E facevano bene. Non si poteva contare il danaro a chi aveva unito la patria. Ma poi, quando faceva lo stitico o esitava a dire di si, Rosala lo scuoteva dandogli del buffone. — Nei tuoi discorsi, gli diceva, tu parli sempre del t mio Dio r del mio Paese del mio esercito dì terra e di mare o del mio popolo a Se tutto è tuo sarà tuo anche il tesoro nazionale. E se non cedeva s'Abito gli voltava le spalle, dandogli dello spi- lorcione e dicendogli Monsù Savoia, cerea i olia stia Gin. La contessa Rosa Mirafiori sopravisse allo sposo morganatico sette anni. Era nata il 3 giugno .833 ed è 'sorta il 27 dicembre 1885. E' morta corruscata della sua bellezza. Era ancora in fiore, aveva ancora vita per tre amanti e tutti le predicevano un'esistenza lunga, ma la malattia è stata più forte diluiti. L'ex contadina di Racconigi non era solo avida di danari, ma era anche di un'ambizione sfrenata. Direnuta a poco a poco moglie morganatica ha sognato la corona. Voleva essere regina. Ella ha messo in moto gli uomini più influenti intorno a Vittorio Emanuele, perché la chiamasse pubblicamente al trono. — Regina d'Italia! ah no, disse il re. Si contenti del matrimonio civile. La Mirafiori che aveva separato il marito dalla moglie, non po- teva soffrire dono intorno a Vittorio Einanurle. Non appena subo- dorava qualche, cosa gli faceva scenate che facevano correre il servi- dorarne. Non voleva perdere terreno. Mi é stato detto in confidenza che una volta l'ha minacciato di una revoli arata. Ma la fedeltà non era di Vittorio Emanuele. La femmina era il suo debole. Per una donna, ha detto uno dei suoi biografi, avrebbo rinunciato alla dinastia e fors'anche all'indipendenza italiana. Per provare la sua facilità di andare con tutte le donne non ho che da ricordare la Caterina Sirtori, una delle più note figure de- gli uomini che hanno fatto l'Italia. Non sapeva negarsi a nessuno. Era una romagnola che si era lasciata adorare da centinaia di ga- ribaldini e di patriotti. L'hanno avuta Cialdin,, Mancini, Garibaldi e molti altri. Quando é capitata in mano a Vittorio Emanuele era gia matura e di iei si era già occupato più di una volta la que- stura, parche teneva casa da giuoco. Allora era moglie del conte Herrolani, uno spiantato che faceva il lenone di professione.

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