La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 14 - 16 aprile 1908

17 la città che ha pii preti e piè monache della Roma papale. E' qui che incomincia il suo ticchio cottolenghiano. Prende in af- fitto tre stanze in via San Donato, si fa regalare da qualche ,hacchettona tre pagliericci, scova qualche ragazza e qualche tagazzina che facciano da insegna alla baracca e la baracca é Lt piedi. Da questo momento non c'è più pace tra il suo sogno _ di arrivista e il suo bisogno di questuare. L'abito è sempre stato il suo scudo. Con esso ha aperto gli _ usai che resistevano a tutte le filantropesse della carità laica, ha impedito ai sospetti di nascere e ha esercitato la questua grossa e piccina senza paura di essere agguantata dall'agente ai P. S. Così nell'86 andava in giro in un abito di stoffa nero chiuso fino al collo, con un velo floscio e fitto in testa che le dava l'aria melanconica della donna in orazione, con un ampio pet- -torale bianco che le copriva le mammelle che incominciavano a decrescere e una-croce spettacolosa penzolone fino all'ombelico. Furba, aveva capito che la sua esistenza monacale non poteva continuare che con le genuflessioni, gli inchini profondi, le ri- verenze rispettose, le supplicaziont che la mettessero con la fronte al suolo o al piede dell'autorità ecclesiastica. Così, pur avendo una penna sgrammaticata e una mente che non sa di- stinguere il verbo dalla congiunzione essa non ha piis lasciato quieto l'inchiostro. Con i bigliettini che strisciavano ha fatto di tutto per trovare nel mondo nero benevolenze, amicizia, prote- zioni e risposte scritte che tappassero la bocca alla maldicenza che aveva incominciato a lavorarla per distruggerla. E i bigliet- tini sono diventati la sua affezione. Tutte le volte che in tri- bunale o nelle case della bigotteria o nei palazzi vescovili o arcivescovili si é tentato di frantumarla come « suora » ha soio- rinato la sua collezione. Ah, voi 'dite che io sono un'intrusa, che abuso, che usurpo « l'abito », che sono un'impudente che non vuole smettere gli indumenti che non mi appartengono? Ascoltate, o signori giudici. Ecco una lettera di monsignore Al- fonso Suglione di Monale, vescovo di Saluzzo, il quale chiede sia accolta una bambina nell'Istituto delle venerande figlie di Maria Santissima della Consolata in Torino. Vescovado di Schizzo. Il aottescritto rinnova con la presente l'attestazione stesa pochi giorni fa, di proprio carattere, a più di una lettera del sacerdote don Giovanni Siamo, e con Io quale facevo istanza per l'accettazione di una sua sorella bambina -di tre anni ed orfana di madre, presso le venerande figlie di Maria Santissima della Consolata in Torino, ed unisce le proprie allo stesso intento ' invocandibsul pio Istituto le pii copioso ed elette benedizioni di Dio. Dallo del veseerado. Scienze, H 28 luglio ISM: Avranno, Vescovo di S'attizzo. Vi basta? Voi volete l'attestato che io sono madre superiora riconosciuta dalla sommità della chiesa e io vi accontento. Allento Deglione di Mondo, Vescovo di Saluzzo, riverisce la Rev. Madre Superiora delle Figlie di Maria Si. della Consolata e Le invia l'acchiuso attestato fiducioso che pesca tener luogo dell'Autentica, di cui nella di Lei leltera del 21 toglie corr.

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