La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 14 - 16 aprile 1908

12 I nostri legislatori non possono dire altrettanto, circa la chiarezza e semplicità delle loro leggi; ma circa la loro appli- cazione, circa il viluppo di capziose ciurmerie, per cui, in Italia, la legge prende forma e sostanza di agguato, d'insidia, di malefizio, possono andare oltre i lagni di Napoleone. Infatti: l'articolo 4 del Regio Decreto P dicembre 1889, n. 6500, contenente le disposizioni transitorie per l'attuazione del Codice penale, dice: — La liberazione condizionale è concessa con decreto del Ministro della Giustizia. L'istanza per ottenerla è presentata dal condannato alla direzione dello stabilimento in cui sconta la pena; e la direzione stessa la trasmette al procuratore generale presso la corte d'Appello nel distretto in cui fu pronunziata la condanna, con le sue osservazioni sulla condotta e sul ravvedimento del condannato e con quelle del Consiglio di sorveglianza. Il procuratore generale, assunte le informazioni opportune, provoca, con motivate conclusioni, il parere della sezione di accusa e lo trasmette, insieme con l'istanza e coi documenti, al Ministro della Giustizia. Il quale — aggiungo io — mette l'incartamento a dormire ed il condannato termina di scontare la sua pena, prima che si prenda alcun provvedimento, prima cioè che gli si applichi il beneficio di legge cui da mesi e mesi, da qualche anno anche, aveva diritto. Se però un onorevole e magari un avvocato, sollecitato da qual- che influente elettore, al quale la famiglia dello sventurato abbia unto le mani con quel magico unguento che chiamai biglietto di banca, si prende 11 disturbo di andare un paio di volte al Ministero di Grazia e Giustizia, allora l'incartamento viene tolto alla polvere ed al sonno, e giustizia, tarda giustizia, vien fatta. Se no, no. Ma ad ostacolare l'applicazione dell'art. 16 del codice penale concorrono principalmente i direttori dei penitenziari, personale di corta intellettualità, impossibile, imbevuto di vecchie idee, che erede di essere il sicario, il vendicatore della società offesa, che non vede, non ,sente altro dovere che non sia il far gravare gli effetti di una tale vendetta di cui esso si reputa ministro ed esecutore. Per essi ravvediinento del condannato — il requisito voluto dalla legge per la concessione della libertà condizionale — significa la completa dedizione, la intera rinunzia dell'uomo ad ogni desiderio, ad ogni volontà, ad ogni manifestazione di umane aspirazioni o di umani bisogni. Un condannato — mi diceva un direttore, che aveva l'abitudine di parlare ai reclusi col revolver spianato verso di essi — è un numero,, una cosa: egli ha lasciato tutto sè stesso alla porta dello stabilimento: egli non deve pia pensare, egli non deve più sentire: se io gli dico: — questo sole che splende è la luna — egli deve rispon- dere: — Sissignore, è la luna: se dicesse: — si sbaglia, è il sole,

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=