La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 11 - 26 marzo 1908

03 Vedrete dei contadinacei colle scarpe di vernice, e gente che vive in soffitta scaldandosi col fiato, con certi brillanti alle dita od alle orecchie da ricomperarsi il palazzo ed il giardino insieme; delle serve da dozzina con sottovesti di seta e di merletti che non potrebbe portarle nemmeno l'orizzontale del primo piano, ed operaie al lavoro colle mani candide e le unghiette rosee ed appuntite quasi le avesse lisciate or ora colla .pelle di dante e coi suoi terrazzi l'industriosa madame Hortense. Tutte queste sciocchezzine piccole e grosse, tutte queste sbadataggini minute o rilevanti, tutte queste trascuratezze di poco o di molto conto, sommate insieme, aggiunte alla incoltura intensissima, alla asi- nità petulante, all' accidia costituzionale, alla scioperataggine acquisita ed alla cronica inerzia intellettiva, fanno dei nostri comici non già degli artisti, ma dei professionisti del teatro, peggio ancora, qualche cosa come dei travets faciloni, che smal- tiscono le loro pratiche giusto in modo da non aver troppe noie col capo ufficio, e tanto da tirar la paga col minor disturbo possibile. Lo sforzo a cui tendono si direbbe riassunto nel non dar nel- l'occhio; salvarsi dalle beccate pare oramai l'ideale dell'attore; mostrare d'essere qualcuno, affermarsi, dar prova di coscienza, di tenacia, di penetrazione, di studio, è quasi una posa ed una ridicolaggine. Coni gli artisti di prima fila si cristallizzano nelle forme che hanno creato loro i primi successi e non se ne smuo- vono; il « rinnovarsi o morire » è per loro un bel motto per carta da lettera; gli altri, oh gli altri ricordano quei cavallacci sfiancati — lasciamo gli asini in pace! — che tirano svogliata- mente i barconi lungo gli argini, badando solo a porre le zampe nell'orme segnate dalle rozze che li precedettero, ed annusando lontano l'odor del fieno! Il. RUZZANTE. Sui ventitre viaggi del Nasi che sono costati allo Stato una ottantina di mila lire l'ex ministro non ha potuto giustificarne con documenti quasi sempre sospetti che per un totale di L. 12,365.50. O ferravillismo nel teatro milanese e CAMICI CIMA Mi ripeto. Anni sone, quando facevo della critica teatrale sulla Farfalla di A. Sommaruga e quando pubblicavo opuscoli, per distruggere la drammatica alimentare e i loro cultori, ho detto che il ferravillismo avrebbe ucciso il teatro dialettale. Non mi vanto. Non ci voleva ingegno a intuire che l'ascensione del tipo macaco, o dello scimunito che fa sbellicare dalle risa o del Gio- vannin Bortgee del palcoscenico avrebbe finito per mettere alla

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