La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 11 - 26 marzo 1908
Ho fatto l'Italia la dobbiamo la liberazione della Lombardia alla diplomazia di una fiorentina, cosi ignorano senza dubbio che l'armistizio e il trat- tato di Villafranca che hanno fatto andare in bestia Garibaldi e Manin e i patrioti che volevano libera anche Venezia, sono anch'essi dovuti a una milanese che ha affascinato l'imperatore. Narro la storia sottovoce, perché c'è in essa un po' di scan- dalo. Napoleone non viaggiava mai senza i Griscelli e i Petri che lo proteggevano dagli attentati e Fleury che gli pro curavano la selvaggina d'amore. La sera dopo l'entrata trion-i fate di Napoleone in Milano il provveditore di ragazze torti, nella camera imperiale una giovane milanese. Capelli neri, piii neri della notte, archi sopraciliari disegnati a becchi d'aquila, naso aquilino che pareva della fierezza nel viso di una bellezza rara, labbra rosse come il san- gue e occhi più neri dei capelli. Fresca, graziosa, elegante, con la pozzetta al mento che pia- ceva tanto al figlio di Ortensia, con i denti bianchi come leperle e la figura di giovane vigorosa u l'uomo del destino e è stato vinto. Le delizie sono durate parecchie notti e dopo la sepa- razione il grande imperatore s'accorse che la milanese gli aveva lasciato in ricordo una malattia galante — malattia che doveva poi, con gli anni, finire per divorano. Napoleone, dice lo storico, si è trovato nella impossibilità di continuare la guerra. Ed ecco perché una delle più grandi provincie è rimasta nelle mani dell'Austria. Le donne sono in tutti i movimenti di Napoleone III: è miss Howard che gli fa fare il colpo di Stato con un trisillabo: Osate! E' la contessa Castiglione che incita la sua ambizione a farlo diventare il liberatore d'Italia ed è la milanese che lo arresta sulla via trionfale e lo rende spergiuro con il trattato di Villafranca. Mi rimane di spiegare perché ho capito Alessandro Dumas. Perché io, non appena ritornato a Parigi, sono andato a pro- strarmi alla pietra di granito che copre la sepoltura della Ca- stiglione nel Père-Lachaise. In ginocchio ho provato il delirio di Armando. Come lui avrei voluto compiere la follia di rive- dere la mia Signora dalle ~elle per ricomporre nella fantasia le reliquie dove dormono i frammenti della sua anima che ha palpitato per molti senza perdersi o fonderei con alcuno.
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