La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 10 - 19 marzo 1908
17 volume, che aveva edizioni che andavano al di là delle duecento mila copie, come quella del «Cuore », che aveva una produ- zione che gli dava più che l'agiatezza grandiosa si è voltalo indietro e ha veduto questa lotta del tuo e del mio che ince- naglisce, questo.e<,oismo umano compenetrato con le istituzioni, queste ingiustizie delle classi oontro le masse ed è venuto in mezzo a noi con la sua fama di grande letterato come un umile gregario, aiutandoci con la sua penna d'oro e con la sua elo- quenza pienà di bontà come i suoi scritti a disseminare per i campi incolti il seme dell'avvenire. Occupatevi, diceva alla gioventù della università torinese, della questione sociale, perchè dessa è suprema, è ineluttabile, sovraneggia su tutto e su tutti. Quando la si crede scomparsa riappare all'orizzonte altissima, immobile, eterna, come la pira- mide di Chèope quando cade il vento di Sahara e il turbinio ' delle arene si queta. Perchè la questione sociale abbraccia tutte le classi. Perchè vi è una tal ressa di naufraghi intorno a ogni trave galeggiante, che quando uno per negligenza o per forza lascia andare la sua, non gli resta quasi più speranza d'affer- rarne un'altra e annega le più volte nella miseria. E la sua conferenza si è chiusa con Il sole dell'avvenire: « Voi conoscete la immaginazione terribile del Carlyle, che raffigura il inondo presente in una landa selvaggia e caotica, coperta di nebbie pestilenti, gravata da un'atmosfera di piombo, nella quale scrosciano diluvi e guizzano lampi di rivoluzione, e per le vaste tenebre non luccicano che le fosforescenze della filantropia, e non v'è più stelle nel cielo. « Ebbene, manca un'immagine al quadro: una moltitudine che empie tutto l'orizzonte, estenuata e lacera, rivolta tutta verso un punto dove biancheggia il cielo, con le braccia stese a invocare il nuovo sole, il sole che le asciughi Te lagrime, che le riscaldi le membra, che le abbellisca la terra, che le faccia amare la vita. Oh, questo sole splenderà, abbiamone fede! Pos- siate voi, che siete giovani, vederlo sorgere e felici quelli che, salutando il suo primo raggio, potranno dire nella propria coscienza: — lo l'ho desiderato ed- atteso ». Si è detto che il suo socialismo era fatto di pietà. Non è vero. Usciva, come quello degli altri, dall'utero della miseria e si fortificava passando per le ineguaglianze della vita. E' stato per noi buono, buono come un angelo. Ci ha dato una mano quando Crispi ci mandava tutti al domicilio coatto. E' andato al-Tribunale di guerra a dire ai giudici in montura che i Turati, i De Andreis e i Morgari non eran un delitto, ma un'idea. E se non ci fosse stata la moglie cosi accanitamente nemica del socialismo e dei socialisti avrebbe dedicato gli ultimi anni alla ricostruzione sociale. Il filo che ha allacciate le nostre anime alla sua non è rotto neanche con la sua morte. Perché il De Amicis fatto di idee e di stile è in noi. Perché ci rimangono le scie opere, nelle quali pos-
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