La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 9 - 12 marzo 1908

— Va a letto, le dissi, guardando altrove, va, corri, tuo padre incomincia a russare. Ella rimase tramortita. I suoi occhi guardavano smar- riti, intanto che le sue mani affagottavano alla nuca i capelli che si disfacevano ricadendo, senza ch'ella smet- tesse di riprenderli e riaffagottarli. Respingendola io le aveva fatto una larga ferita nel cuore. Nella umiliazione Giuliana non ebbe nè un gemito, nè un sospiro, nè una Parola. Quando credette che i suoi capelli fossero attor- cigliati si raccolse nello scialle e senza voltarsi indietro andò via, salendo i gradini a due a due, presa dal bri- vido di essere stata così a lungo con uno sciocco che non aveva saputo nè cullarla nè amarla. Giunse in cima senza un minimo tremolìo della scala; ma la mano della madre l'aspettava. Le diede tanti schiaffi che io ho creduto che stesse accoppandola. Io presi il lume e non mi feci più vedere. Sentivo ch'essa sarebbe discesa e si sarebbe buttata su me come una furia. Ho piegato più volte su me stesso. Dopo che ho ab- bandonato la casa di Paolo Gamba sono entrato in un periodo in cui io ho perduto tutto me stesso. Sono disceso e disceso e disceso sempre. Sono disceso nelle profondità della miseria e discendendo ho capito come l' uomo a poco a poco perda tutto il passato e diventi un altro essere, si abitui a quello che prima lo rivol- tava o lo faceva fuggire con disgusto. Dalt' aragosta, dalla pernice, dal vino di bottiglia, dall.' amore caldo .s. e tenero, dal letto sprimacciato, dal bene che mi voleva tutta una famiglia mi son trovato solo, in mezzo alla strada, senza conoscenze, senza un uscio a ctii bussare e domandare pietà per la mia giovinezza. (Continua)

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