La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 9 - 12 marzo 1908

Inghiottito dal tepore delle sue carni ho lasciato passare la sua audacia verbale senza negazioni. Dopo avermelo detto mi baciava, mi stringeva, mi accarezzava, e mi diceva con una specie di rimpianto come avremmo po- tuto amarci, — Ho bisogno di tutta, tutta la tua amicizia, mi disse poi con un sospirone, riprendendomi nelle sue braccia, e tenendomi sotto la sua bocca incandescente come perduta nella dolcezza. — Fanciulla le risposi, ravviandole i capelli che mi erano andati per il Collo a titillarmi la pelle. Tu non hai bisogno di domandarmi la mia amicizia che è sem- pre stata tua. — Me la devi, sai? Perchè un po' di colpa è tua. La udivo piangere e andare con le mani dalla nuca alle orecchie, stringendomi come se stesse per perdo- narmi. Non sapevo più che cosa pensare. Che cosa le avevo fatto Mi aveva amato in segreto"? La lasciai fare e dire aspettando ch'ella si levasse dal suo dolore e mi dicesse di che .cosa fossi colpevole. • — Se tu ti fossi curato di me invece che della mamma, io non avrei bisogno della tua amicizia. — Se tu non ti spieghi, mia cara, io non riuscirò mai a capire che cosa ti ho fatto. Ti ho trascurata? Tu sei ancora una ragazza! — Che ha quasi ..diciasette anni! — Chiamati vecchia! — A diciasette anni quando si è sviluppata come me, si è donna. — E la tua fissazione. Supponiamo pure che tu sia donna. Ebbene? — Si ama. — E chi ti impedisce di avere un bravo giovane onesto che ti domandi in sposa? — Ti credevo meno stupido. Quando si è donna e sviluppata come me e si sente come me, si cade. — Tu non sei obbligata. Non devi cadere. Tu hai la mia amicizia e io ti impedirò di imitare i brutti esempi. — E tu perché li hai imitati ? — mi disse dopo un

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=