La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 9 - 12 marzo 1908
18 - E poi è stato grande. E' stato un oratore calabrese immagi- noso, eloquente, pieno di ricordi, di strazii della sua « gioventù rovinata ». « Nobili signori giurati », diceva nvivimentando leg- germente le pinne del suo naso grosso e convesso, con la mano in aria come un'implorazione, « io sono innocente ». Anche nei finali Musolino è stato superiore a Nunzio Nasi. Nasi ha illustrata la sua fuga chiamandola « esilio », ha fatto passare il trafugamento dei libri per dell'e amore ai libri », si è messo sulla piattafbrma come una vittima di molti, ha in- grossato le sue sofferenze per circondarsi dell'emozione degli altri, ha strisciato davanti alla Camera che lo ha mandato al giudizio, ha inondato le ultime frasi di lagrime verbali come tutti i colpevoli e ha detto ai giudici: colpitemi! aggiungendo subito di restituirlo alla sua famiglia e di non toccare il suo nome. Nunzio Nasi non ha mai saputo far dimenticare il cava- liere d'industria, il briccone volgare delle fecce umane. Giuseppe Musolino ha fatto sentire il suo cuore, ha versato il pianto dei suoi occhi neri, ha avuto gesti di grande commozione e trabOcChi. di dolore che hanno fatto sospendere le udienze. Fra gli scatti dell'uno e gli scatti dell'altro, Musolino diventa simpatico anche per coloro che rabbrividiscono alla narrazione dell'autogiustiziere. Quando gli si è domandato Se aveva derubato il cadavere di una sua vittima, la sua faccia bonaria divenne tutta scolorita e le sue labbra tremarono. — No, per Gesù Cristo, per la beata vergine, Beppe Musolino non ha mai rubato! Ora studiate i due delinquenti nella uguaglianza della legge e ditemi se l'uno — il bandito — non è più meritevole della grazia sovrana dell'altro ministro. La detenzione di Nunzio Nasi è stata ridicola. Non si è mai veduto, neanche in questa Italia dei privilegi, un accusato di tutte le pubbliche malversazioni. detenuto in casa propria, dove c'è lusso, da mangiare, da bere, da leggere, da scrivere e da fare tutto quel diavolo che si desidera. La sua condanna alla reclusione è tre volte ridicola. Invece di essere nel « costume » del recluso, con la testa rasa, e la barba fatta via dal rasoio del regolamento carcerario. egli è ancora il detenuto in casa propria, dove è servito a tavola, dove legge i giornali, dove scrive lettere ai suoi elettori, dove riceve e comunica le sue voglie ai giornalisti nasisti che si compiac- ciono di farci sapere la commedia ch'egli respinge la grazia alla Tecoppa accettandola dietro la :firma del difensere. Per Giuseppe Musolino. che deve la sua disgrazia non a una. moltitudine di appropriazioni, di furti e di falsi, ma alla ineto- rabilità di una ,condanna fatale non c'è mai'stata compassione. Egli ha subito tutti i rigori della legge. Il dietario delle carceri, le manette, la casacca, i viaggi per . traduzione nei vagoni cel- lula mi, la cella di rigore, la camicia (li forza e la reclusione nel penitenziario, •
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