La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 7 - 27 febbraio 1908

32 cretino e ora invece pieno di sale, pieno di arguzie, pieno di umorismo. A volte mi pareva un libro scritto per divertire i ragazzi e a volte invece mi dava l'idea che fosse nna battaglia che Cervantes dava alla ridicola cavalleria duellistica del suo tempo. A ogni modo mi interessava, mi obbligava a leggere, a seguire i due goffi personaggi con le loro cavalcature per sapere la loro fine. In quel momento non ne capivo niente. Le parole mi andavano assieme. Ero giunto alla pagina in cui Sancio e don Chisciotte disputavano sulla casupola che, vedevano in fondo alla strada maestra, insistendo il primo a crederla 'un'oste- ria e il secondo a Volerla un castello. Non ho potuto andare innanzi. Paolo mi si metteva fra le righe. Mi assediava, Mi bloccava, mi terrorizzava. Avevamo l'abi- tudine di farci precedere, augurandogli la buona sera. Dopo la sua spaventosa occhiata ho provato un bi- signo indicibile di andare a letto ,prima di lui. Non volevo rivederlo. Chiusi il libro e a mia insaputa mi sono trovato in piedi che dicevo a Emma che avevo sonno. Mi rispose con un gesto che rimproverava la mia vigliaccheria. — Fermati! mi disse con la voce che racchiudeva un ordine. Con la parola piena di sbadiglio e senza voltarmi indietro per paura d'incontrare i suoi occhi andavo a- vanti dicendo che cascavo dal sonno. — Fermati, ti dico! Paolo non ha fatto il suo sonno nel pomeriggio, ha bevuto più del solito e il modo con cui sbatte la pasta mi dice ch'egli è in ldtta col sonno. Risedetti così svogliatamente ch'essa capì che lo fa- cavò a malincuore. Io ero ritornato al mio pensiero del giorno di Natale di chiudere il mio romanzo prima di ingolfarmi in un intrigo che non sapevo come sarebbe andato a finire. Mentre guardavo sbadatamente 1' illustrazione del Sancio che trascina per l'erta il ronzino sul quale era don Chisciotte disfatto dalle legnate,mi rinasceva il bi- sogno di andare un po' più in alto dell'amministratore di un fornaio. (Continua)