La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 7 - 27 febbraio 1908

31 essere una legge che permettesse al medico di affret- tare la fine delle miserie dei bimbi. Forse aveva ragione. Fino a quando la medicina o la chimica non aveva trovato l'antidoto o il modo di espellere il mal francese dal sangue era meglio l'oppio che cadaverizza l'esserino che patisce senza speranza. — Come sei triste, stasera, Paolo, disse Emma, al- zando il braccio e assumendo un'espressione di dolore più sentita della prima. Parliamo d'altro, parliamo. Paolo stappò la bottiglia, versò in tutti e tre i bic- chieri, vuotò il sud, si alzò lentamente, con le mani piatte sul tavolo e le braccia arcuate, con la testa pro- tesa, indugiando con gli occhi negli occhi di Emma. Che cosa voleva dire quell'indugio? Era una minac- cia o un suggimento voluttuoso o vi cercava qualcosa che gli dicesse dove era andato a finire il figlio che gli aveva fruttato ottanta mila lire di dote? Se n'è andato al forno come un uomo forte che aveva messo sotto i piedi il .nemico. I suoi pie di face- vano tremare il pavimento e avevano un' eco nel mio cuore Io lo paventavo. Egli mi faceva paura *coi suoi trapassi da bonaccione a ragionatore, da cen- sore, a giudice e a carnefice. Era andato via come un uomo superiore a tutti noi. Ritto, con le sue spalle formidabili, con la sua testa che pareva superba, ve- duta di dietro, lasciando in noi l'angoscia del dubbio. C'è stato un momento in cui avrei voluto rincorrerlo e domandargli a bruciapelo che cosa covasse quel suo cervellaccio che mi metteva sempre sottosopra, che mi sbalestrava dalla quiete nel turbine, che pareva che a- vesse tenerezze da bimbo e odii da vecchio galeotto che aspetta di anno in anno il giorno della vendetta. Guardai Emma che si buttava indietro la ricchezza dei suoi capelli come se quel movimento desse -un po' di sollievo alla sua testa incandescente. Lasciò andare tutte e due le mani di peso sul tavolo con un sospirone che le aveva alzato il petto gonfio di passione, guar- dando fissa la tovaglia. Di la, in fondo si udivano le - braccia poderose di Paolo Gamba che sbattevano la pasta lievitata nel marnone sul tavolo col fracasso di una mano piatta che cade di peso sulla culatta di una cavalla. Avevo sul tavolo il Donchisciotte, illustrato da Gu- stavo Dorè, che ora mi pareva stupido, ora sciocco, ora

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