La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 6 - 20 febbraio 1908
10 insegnarono ai re che non si scappa impunemente dal trono: I re non scappano più. Restano ed hanno acquistato l'arte del morire da re dei borghesi. E le madri hanno imparato la virtù di non piangere, diritte, sulla porta di una reggia macello. . I buoni borghesi non la intendono la grande sentenza dei tempi. Essi vogliono il visibile ed unico responsabile delle colpe di un regime, colpe che essi nel segreto della coscienza rico- noscono. I loro ministri esercitano la provocazione contro le masse, preparano le sotterranee cArenti della violenza, cacciano i soldati del popolo contro il popolo dei campi e delle officine, stringono nei parlamenti la garrotta del fisco attorno al collo dei produttori reali del pane e della ricchezza. E poi, i mini- stri, passano. Ma rimane il rappresentante visibile e responsa- bile: il re. Le folle sono rimaste monarchiche in Europa, a malgrado del loro rivoluzionarismo, del loró repubblicanesimo, del loro socialismo. Sono restate monarchiche per negazione. Hanno nelle vene il monarchismo nella sua forma contradit- toria, come conservano dio gli atei e l'amore quelli che odiano: perchè l'ateismo è una preoccupazione di dio, come l'odio è una ossessiva preoccupazione dell'amore. E se la pigliano col re, ed uccidono il re. Quanti ne hanno uccisi da Carlo I inglese a Carlo di Portogallo? La nota è lunga, perché si è accresciuta anche di qualche re in giacca e cappello di feltro delle repubbliche moderne. La nota è lunga ed è più serrata a mano a mano che si viene verso di noi, poiché ap- punto in questo ventennio ultimo il dispotismo della democrazia capitalistica, l'usura sulla vita e la libertà, delle classi lavora- trici, la menzogna e la frode dei parlamenti e dei parlamen- taristi si sono fatte più intense, pie perfide, più rovinose. La borghesia liberale vuole il suo re. Lo vuole, dopo di avergli tolto il raggio divino dalla corona, dopo di averlo sottomesso alla legge dello Stato, dopo di averne fatto uno stipendiato, dopo di averlo ridotto ad essere il firmatario delle spaventose obbligazioni del governo Con i sudditi; lo vuole dopo avergli creato attorno la noia, il fastidio, il disprezzo, la negazione della monarchia, dopo avere abolito la storia dei re ed avere ufficialmente inaugurato quella dei popoli. Il re ci vuole, perché egli sigilla l'unità, dei grandi interessi capitalistici dello Stato chiamato patria. Il re ci vuole, perché copre con la sua figura rettorica di sovrano ogni e qualunque filibustierismo di usurai e di congreghe. E pur che il re rimanga, la repubblica gli fa l'omaggio del pensiero e delle opere di Mazzini e trova la formula per conciliare il trono con tutte le evaporazioni democratiche del secolo XIX. 11 re, diventato operaio di un mestiere nuovo, quello di far da bersaglio al regicidio, subisce la cinica imposizione di un regime, in un'epoca che più non è fatta nè per i re nè per i sardanapali della speculazione industriale. Mai tragedia così intensa e così vasta ha fremuto nelle viscere della storia, e mai
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