La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 6 - 20 febbraio 1908
8 I re muoiono eroicamente. Vanno da fatalisti contro questo destino che fa della lora esistenza una spaventosa interrogativa in ogni istante della giornata. Le loro donne li accompagnano, gli occhi belli colmi di immobili estasi atroci, la persona aureo- lata di carezze diplomatiche, senza mostrare che letizia, che tranquilla serenità, che certezza di ottenere rispetto ed omaggi. I loro figliuoli sono nati nel terrore di un parto, nell'angoscia muta e dissimulata di una Culla guardata da armati come una criminosa esistenza in un carcere. Vengono su fanciulli parlando un linguaggio placido d'etichetta, abituandosi a far le lodi dei popolo su cui i" genitori regnano ammirati, amati e temuti. Toccano l'adolescenza guardando fieri la voragine spalancata tutt'intorno ai loro piedi che il tappeto del trono non riesce a dissimulare che in parte. E raccolgono con le mani bagnate dal sangue paterno e fraterno, essi stessi colpiti dalla violenza calcolata del complotto, la corona precipitata sotto le ruote di una lussuosa carrozza o sotto le zampe di un cavallo militare. L'imperatore dei Russi respira la febbre della morte, e quella febbre lo. generava e serpeggia nelle sue vene e in quelle della grama famiglia, che guarda da un'altissima finestra, difesa come un torrione medievale e un terrapieno moderno, la mi- naccia montante delle folle. L'imperatore degli Absburgo si tiene diritto nella vecchiezza rigida sul sangue di una tragedia più alta di quella d'Edipo. La mano sempre pronta nell'ombra non arrivò a lui; ma toccò la sua donna bella e soave e le sue lagrime non le vide il popolo per cui l'imperatore deve essere sempre l'uomo che sta di sopra d'alle debolezze borghesi degli altri uomini. Nozze funebri sono state quelle del reuccio spa- gnuolo che si è sottomesso — per il suo bravo popolo — al dovere di sognare sogni di spavento sotto la spada invisibile del Damocle anarchico. La reggia di Belgrado si spalancò una notte alle vampe di • una strage furibonda. Il Sultano dei turchi protò anch'esso che, sotto la maomettana indifferenza del suo popolo servo, cova l'impeto della ribellione regicida. I Savoia, che sempre eseguirono più la volontà del loro popolo monarchico che la grazia del loro iddio, hanno veduto curvarsi sui cuscini polverosi di una carrozza quel re, a cui nulla era servito l'essere stato o l'essere proclamato un « buon uomo a. Vogliono i re e • veggono il re questi popoli, anche nel rappresentante repubblicano di Francia e d'America, e lo uccidono perchè lo considerano re. In quanto a difenderli, è un altro paio di maniche. I re si difendano da loro stessi: noi ne facciamo degli altri — dicono i popoli. Ed i re si lasciano, quieti, passivi, tranquilli, si lasciano fare re. Chi li uccide sa ormai che, in regime di ministri e di capi- talisti, di borse è di giornali democratici, quella del ree una pianta la cui coltivazione è necessaria. Ma ciò non toglie che il gesto rapido e terribile si ripeta, di quando in quando. Dopo, i ministri manipola,no un altro ministero che sfoghi altre ani-
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