La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 5 - 13 febbraio 1908
13 pedire alla commozione di farlo piangere e ritorna a Milano più tronfio, più grasso, più impudente, più ambizioso. Non è che a Mantova che la sua marcia trionfale è bloccata. I mantovani non vogliono udirlo come oratore di Garibaldi. Pare loro un'ingiuria. Brentari non può capirlo. La sua anima nera gli ha fatto concepire un Garibaldi capace di dare battaglie sanguinose per il gusto di fare lo spaccone, per un egoismo delittuoso, dicendo che il generale delle camicie rosse sapeva alla vigilia del combattimento di Bezzecca che alrindomani bisognava abbandonare tutta la parte conquistata nel Tirolo. Concezione mostruosa per tutti coloro che conoscono il tragico « obbedisco » — quando le camicie rosse erano a pochi chilometri da Trento e Khun, il comandante supremo delle, forze austriache, ripiegava alla. difesa del Tirolo « tedeSco ». Invece di narrare la liberazione, dice su per giù il generale, « io sono qui ad insudiciare carta, perchè i venturi sappiano delle nostre miserie. Un ordine del comando supremo dell'eser- cito — intimava la ritirata e lo sgombro del Tirolo. Io rispon- devo: ubbidisco ». Così, con le parole storiche invece di una vigliaccheria inaudita nella vita di Garibaldi, la figura del prota- gonista dell'epopea diventa sempre più luminosa e il sagrificio lo scolpisce nel marmo immortale. - Ottone Brentari non piega mai davanti alla• documentazione. chiasso gli giova. Si mette sullo zoccolo come la béte 9201:14 delle democrazie italiane e querela gli oppositori della sua con- ferenza e trascina l'on. Treves davanti ai probiviri della pro- fessione perchè lo si condanni come quell'altro. E' .stato Nasi che gli ha interrotto il sistema di ingigantire a spese 'delle vittime della sua sfrontatezza. Un altro sarebbe andato sulle proprie gambe come il bue che riceve la mazzolata, assassina all'anellone dell'ammazzatoio. Ottone Bréntari si scuote di dosso la tempesta e la frena dicendo a tutti che andrà lui in Senato a smentire il ministro calunniatore. E quando l'Al- bertini, il direttore del Corriere, desidera di penetrare nel mistero, eccolo a tavolino, dove si è più calmi e dove bisogna essere completi delinqùenti per condensare tante bugie in mezza colonna di giornale. Stia tranquillo, signor direttore. Io sono un galantuomo. Perseguitano l'uomo politico. Non ho mai fatto contratti, non ho mai ricevuto sussidi, non ho mai avuto rela- zioni nè vicine nè lontane col ministro ladro. Si è detto che il mio giornale è diventato nasofilo? Calunnie! Calunnie dei pro- fessori cestinati. Io sono sempre stato nasofobo. Le pare che io sia uomo da pubblicare una sola parola contraria alle mie idee? Sul mio onore, o signore, io non ho , mai venduto nulla di ciò che mi è caro, nè la mia penna. nè la mia opinione, nè la mia coscienza, che non hanno prezzo. Anche la gente che sa tutto è- turbata a leggere dichiarazioni così recise. Nasi è dunque un vero malvivente? Per salvare se stesso passa sul corpo degli altri!
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