La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 4 - 6 febbraio 1908

30 Essa ncominciò prima di tutto a ubbriacarmi di ba- ci e a vincere le mie riluttanze con una passione vee- mente. Neanche più tardi, quando la sensualità si è insinuata prepotentemente nelle mie carni, sono mai stato sopraffatto da un impeto di dolcezza come quella sera. Mi trovai soggiogato, senza forza per svincolarmi. Poi mi venne addosso come una iena pronta a farmi a brani alla prima irritazione. Ella aveva fiutato nella mia malinconia una donna, un amore incipiente, una sazietà di lei. Forse c'era qualche cosa di vero nella accusa. Ma doveva essere un desiderio Vago, che non avrei potuto definire io stesso. Perché tante volte, lun- go le letture, mi trovavo il cervello affollato di donne senza che una di esse diventasse una forma umana e desiderabile. Era la mia età che mi trascinava verso le avventure. Dovetti giurare e rigiurare, baciarla e riba- ciarla per convincerla che avevo una fantasia che an- dava in cerca più delle sofferenze Che dei rapidi e de- liziosi istanti che mi venivano concessi da un ki.more grande e tenace come il suo. Ella aveva bisogno di mé. Avrebbe sopportato.tutto tranne il mio tradimento o il mio abbandono. ' Intanto che Paolo russava ci abbandonammo come l'uno dell'altra, saturi di gioia. Non ho mai saputo come sia nata nella testa di Pao- lo Gamba l'idea di giustificare la mia presenza in casa sua. So che uha sera, mentre si accarezzava con il ca- vo della mano sinistra il dorso della destra, si mise a parlare serio serio dicendo che il suo sistema ammini- strativo era invecchiato. Le tacche sulla tessera fatte dai distributori di pane a domicilio lasciavano sempre dubbii e rasentavano la indecenza. Ora che aveva aggiunto all'azienda del pa- ne un edificio di sua proprietà , abitato da una trentina di famiglie, la matita che faceva segni che non capiva che lui era diventata cosa sconcia. Io che avevo nien- te da fare potevo prendere in mano la sua amministra- zione. Sono rimasto perplesso. Inquieto, distratto, sogna- tore vedevo nel posto di contabile un orizzonte limi- tato. Sarei divenuto un uomo di cifre, un impiegato di ditta privata, un poveraccio che si guadagnava il vitto con un po' di denaro per l'abito e l'alloggio. Lui e le

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