La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 4 - 6 febbraio 1908
14 All'ozioso e pettegolo fisiologo l'investigare se indi siano a ripetersi le cause della perversione estetica o etica d'uno scrit- tore; chè, quanto a me, dichiaro di aborrire tanto dalla scienza di un valentuomo come il Sergi, che fa del Leopardi un pazzo, quanto da quella di un Patrizi che fa di Giuseppe Mazzini un onanista, con quel po' di fluii fragilitatis eius noti persinb alle oche capitolino. Lasciamo, per ora, l'uomo; e fermiamoci all'opera sua. Quest'opera, io domando, è opera di rinnovamento linguistico? No, perchè l'Impeccabile, il Mago dell'arte, il Cesellatore della parola e del verso, non potrà mai essere accolto tra le braccia degli Accademici fin tanto che non si ticchii il petto gemendo: Erravi! e non preghi l'amico Treves (che si caccia le mani nei pochi capelli quando contempla ne' suoi magazzini i quintali invenduti delle Laudi) di rimediare con nuovi fogli di stampa ad Errata-Corrige di questo genere: (M. Gratico) « non li chiedere dove ancora configgere... ». La Diaconessa) « Non rapirmi...,; Il Popolo) Non rattenerti...»; Il Piloto) « Non lasciarmi morire negli stagni... »; tutte forme, tranne il ti chiedere che è il francese se de- mander, le quali dimostrano come l'Impeccabile sia tra gTine- aperti che, usando l'imperativo nei verbi pronominali con la negativa, vi lasciano (cito il buon Fanfani) la particella. E che dire di quel « Non aver onta», rivolto da Basiliola al Gratico? O che parlava francese la grecastra del sesto secolo? Questo, per i pochissimi versi della Nave che mi son caduti sott'occhio. Che se volessi qui parlar dei romanzi, potrei ricor- dare che nel solo Trionfo della 'Morte, ricco (tra l'« odore impuro ») di pagine splendide,. io aveva pescato, son anni, un discreto numero di scerpelloni, affidandone l'elenco al Totus Ilfundus che da Genova arma la prua e salpa per Buenos Aires. Me misero! non vidi, non seppi più nulla mai. Il signor Fan- tozzi me ne potrebbe sempre dir qualche cosa... L'opera dannunziana é forse un'opera di rinnovamento poetico? Ma (parlo della Nave) questi endecasillabi eternamente accen- tati sulla 2, sulla 6" e sulla 10, con tanti nè e ma e tu alla fine, è impossibile che non abbiano fatto venire il latte alle ginocchia perfino alla caterva di quelle scimmie catarrine che, sbattendo gli occhietti e digrumando confetti al caffè Faraglia, squittivano ' Ave! a ogni poco, e ricioncavano, perchè, tanto, Egli è astemio. Il roggio, si capisce, il legno incorruttibile, e, ora, il belzulno, la Notte senza madre (poverina!), e una serqua di arcane locuzioni ieratiche e pseudolfibliche. prese così magistralmente in giro da Angelo De Gubernatis, rifanno o fanno in questa Nave il loro pelit bonhomme d'ingresso trionfale: il secentismo dannunziano rimane immutato, anzi peggiorato, per la conti- unità insopportabile del declamatorio e dell' imprecatorio sulla
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=