La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 4 - 6 febbraio 1908
IO i cui bassorilievi furono scolpiti dal divino Donatello. Questo pulpito all'aria aperta, in un angolo esterno del Duomo, rap- presenta una danza di fanciulli. E' una delle opere celebri dello scultore fiorentino. L'immagine che di tutto questo periodo della mia vita è rimasta più profondamente impressa nella memoria è precisamente quella del meraviglioso pulpito. Da quel tempo il mio sentimento estetico fu assai vivo, e l'acutezza di questa qualità ognora crescente doveva in seguito produrre nella mia esistenza eccessi e disordini irreparabili: i medesimi eccessi e disordini che io ho descritto nel mio romanzo « Il Piacere ». Nel perso- naggio di Andrea Spirelfi c'è assai di me stesso colto sul vivo ». In una lettera al Chiarini il poeta racconta come ha portato le prime Odi barbare alla stamperia — odi barbare che egli, nelle edizioni successive, ha corrette con penna e fuoco, ed aumentate. Copio. e Sono un abruzzese di Pescara, amo il mio mare con tutte le forze dell'anima, e qui, in questa valle, vicino a questo fiume polveroso (intendeva il Bisenzio) soffro un po' di nostalgia. Mi trovo in collegio (Cicognini di Prato) da sei anni e ne sono stufo quanto mai si può dire. Fino al novembre del '78 non avevo fatto un verso a garbo, e non mi ci sentivo proprio nato. La si figuri che, a quarta ginnasiale, obbligato dal prete profes- sore a fare degli sciolti sulla battaglia delle Termopoli, di ein- quantadue che ne feci ne tornavano appena tre!... Nel novembre del '78, come le dicevo, tornando dalle vacanze autunnali mi fermai per tre o quattro giorni a Bologna. Avevo sentito par, lare di Odi Barbare, di realismo, di battaglia per l'arte; e un po' per curiosità, un po' perché gli elzeviri con le loro civet- terie m'attiravano comprai diversi volumi dal Zanichelli. Fra questi c'erano le Odi del Carducci con prefazione di G. Chiarini. Il Carducci lo conoscevo poco: mi ricordavo d'averne lette alcune poesie nell'Antologia del Puccianti. Di !ei avevo sentito parlare a proposito delle poesie e delle operette morali del Leopardi, In quei giorni divorai ogni cosa con una eccitazione strana e febbrile e mi sentii un altro. L'odio pei versi scomparve come per incanto e vi subentrò la smania della poesia. Lessi più di dieci volte di seguito quella sua stupenda prefazione e imparai a memoria le barbare. Passavo le giornate pensando agli alcaici e agli asclepiadei, dando la caccia agli sdruccioli, leggendo ad. alta voce Orazio, scarabocchiando una gran quantità di carta. Il professore di matematiche era disperato: non mi riusciva più di risolvere un'equazione, anche delle più facili.— Alla fine del- l'anno raccolsi tutte le Odi fatte, in un quaderno, e lo portai a casa. Tra le lodi degli amici (benedetti amici!) cominciai a credere d'aver scritto de' versi degni di stampa, ed un bel giorno (Dio me lo perdoni) diedi ogni cosa allo stampatore.... il resto lei lo sa. A diciannove anni egli era una celebrità che faceva voltare indietro i romani a guardarlo. Il volumetto elzeviriano Primo
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