Compagni! - anno I - n. 11 - 1 luglio 1919
COMPAGNI/ ""·•· ma anche facendo quotidianamente uno sforzo mo– desto e ragionevole, man mano che passano gli anni la :sua energia fisica diminuisce, e con essa dimi– nuisce di pari passo, la sua produttività. Quanto maggi~re poi è la fatica a cui si sottopone il corpo, tanto più sollecito è il suo deperimento ed esauri– mento. E' vero che a questo punto il capitalista si Bbarazza del lavoratore come di un limone spremuto. Così il profitto privato ne soffre poco o punto. Ma gli uomini anzitempo esauriti pesano per mille- vie ~ml- 1'economia collettiva. Es-si .finiscono troppo presto e troppo gravemente nelle passività del bilancio di tutti. Mentre una fatica meno intensa e meno este– nuante li conserverebbe assai più a lungo al lavoro. Ed il confronto fra un uomo che in dieci anni pro– duce cento ma poi è finito, ed un uomo che in dieci anni produce cin,qua;nta ma. poi continua per altri venti anni ed in tutto produce centocinquanta, • è un confronto ·che si r~solve senz'altro a favore del secondo esempio, sia per l'individuo- che per la so– cietà. Poichè tutto il nocciolo della questione è appunto qui. Non basta dire: bisogna produrre. Occorre ve– der-e come e perchè ,si produce. In altri termini siamo anche qui all'inevitabile -confronto fra la vigente eco– nomia capitalistica e l'auspicata economia sociali– stica. Nella prima, cioè nell'attuale economia SCYciale, si produc-e il grano e si .produce la stoffa, che servono sì, in ogni -caso, alle necessità collettive. Ma ragri– coltore e ì'industriale, personalmente proprietari del campo e della fabbrica, producono, o meglio fanno produrre, -solo in quanto ciò rende loro un elevato profitto pel'6onale, che considerano come legittimo compenso alla loro proprietà, al loro capitale. Finchè di un dato prodotto c'è una -certa scarsità e quindi una certa ricerca, essi daranno incremento alla sua produzione, perchè, per la legge economica della domanda e dell'offerta, essi ne ricave1:anno un prezzo alto. E non parliamo qui del giuoco della •speculazione -commerciale, consistente nel!' accapar– ramc11to e nell'immagazzinamento della merce, spe– cialmente esercitantesi durante la carestia, poichè quanto più si ha bisogno d'una_ m-erce tanto più si è disposti a pagarla. • Così, il fine vero e solo del capitalista essendo il proprio più alto guadagno possibile, è logico che, per la stessa spesa di salario o di stipendio, il capi– talista cerchi di ottenere dal lavoratore, sia ma– nua.le ;0he ivteliettuale, la maggior somma possibile d i lavoro e di produzione. Costretta la produzione in questj angusti limiti di egoismo individuale, è logico che il padrone cerchi di sfruttare al massimo grado il produttore. Quando poi di una data merce -redditizia e perciò prodotta alacremente, incomincia a subentrare una certa abbO'ndanza., sicchè ne dovrrbbe sentire benefi– cio la massa dei consumatori in un ribai;so· di prezzo, allora le piccole imprese capitalistiche, non reggendo la conèorrcnza delle grandi, .sono costrette al falli- 1mmto. Si riaffaccia pertanto la diminuzione della produzione accompagnata dalla disoccupazione. Que– sto all'interno di ·ciascun.o Stato. Ma non ,basta. Poichè le grandi imprese capita– listiche dei diversi St'ati, cercando tutte di uscire dai mercati satm:i di prodotto e quindi poco, recidi tizi, entrano in concorrenza fra di loro per la con– quista di. mercati vergini o quindi pii1 rimunerativi. Allora, nove volte su dieci, per un pretesto o per l'altro, sotto una rnàschcra o sotto l'altra, si viene alla guerra. Ciò che vuol dirn: arresto dellè 9rorlu- b li tecaginobianco zioni utili, distruzione di ricchezze, scompaginamen• to dell'economia, debiti e gravezze, ecc. Alla fine: I carestia e disoccupazione. Soltanto se le masse produttrici e consumatrici' han_no la virtù di soffrire in silenzio, e sottoporsi 1 sub1~0 di bel nuovo e per lungo tempo al doppio sacrificio di lavorare molto e di usufruire poco, sol– tanto allora, soltanto in questo caso, pian piano, l'economia capitalistica riprende la sua fisionomia, per... ricominciare- naturaTmente e fatalmente da capo. • Ecco, semplice e positivo, il processo vitale del- 1'economia capitalistica. Di fronte al quale i capi– talisti ed i loro servitori non sanno trovare che in– sulti e minaccie per noi socialisti -che co·tal \Sistema scarnifichiamo e condanniamo, mentre alle mas-se lavoratrici e consumatrici, sulle quali essi vegetano parassitariamente, non sann9 che suggerire di strin– gere la cintola e di aumentare le ore di lavoro. Vi sono anche dei pseudo democratici, dei falsi amici del popol0, che, spede in questo turbinoso pe– riodo di agitazioni economiche, corn,igliano agli ope– rai, agli impiegati, ai contadini, sia pure velatamen– te, il che vuol dire gesuiticamente, di aumentare le ore di lavoro. E questo partendo dal punto di vista di un internsse nazionale inesistente. Essi identifica– no, come al .solito, borghesia e proletariato ·e conti– nuano a concepire la vita del mo11do come una lotta bestiale fra le nazioni. Essi dioono : se le industrie vanno hene stanno bene anche gli operai; -se noi produrremo 'molto e bene, batteremo la concorrenza straniera. Perciò ... gli industriali procurino le materie prime e gli ope– rai <liano una maggior quota di lavoro... Ragiona– mento tabaccoso ! 1 No, egregi signoxi, perchè il risultato sar-ebbe' sempre quello: sfruttamento. dell'uomo sull'uomo! guesto in_m~ssima. E praticamente: il maggior ora– n? i:on -s1gn1fichcrebbe necessariamente maggiore e 1mgliore produzione, anzi!; in secondo luogo l'ina– bilità o l'ingordigia capitalistica potrebbero rendere nullo lo sforzo del lavoratore, nel s-enso di disper– derne o assorbirne il beneficio; in terzo luogo la· necessità di ricorrere altrove per le materie prime o per lo smaltimento dei prodotti manterrebbe sem– pe le ir:terdipendenze internazionali· poi ciò che fa-' rebbc un paese lo farebbe· anche l'altro, e xeciprnca-' mente frustrerebbero •così lo stratagemma; avremmo sempre la concorrenza, poi ... la guerra, poi... il re– sto ! No, egregi •signori, il vostro è un circolo vi– zioso! Bisogna togliere di mezzo le dassi sociali contra– stanti: la borghesia ·che sfrutta ed il proletariato che è. sfrutt'.1-to; !Jisogna: creare una società omoge– nea d1 hben e d1 uguali ; bisogna estendere questa società a tutti i paesi: l'interesse comune sta nel cooperare, non nell'accapigliarsi. Non più lotte di classi, nelì'abolizione delle disparità economiche· non più lotte di popoli, nell'abbattimento delle ar'. tifìciose divisioni. Ecco il vero e solo rimedio! •on _oc~orre -che una parte dell'umano genere si ammazzi d1 lavoro. Occorre che tutti lavorino. Tutti gli infiniti oziosi parassiti che, dalle cattedre e dai giornali, protendono insegnarci uua pseudo scienza ed una pseudo morale del perfetto vivere! Allora, non otto, ma sei, non sci, ma quattro ore al giorno di onesto e cosciente e intelligente lavoro da parte :!i tutti, saranno più che bastevoli per la 'umana fe_ licit~ ! AlHìO. La guerrn. è Cc.~surdo fcitto atrocità.
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