Ma bastano queste constatazioni per ritenere senz'altro l'unica giusta una linea basata su queste rivendicazioni e respingere come utopistica o, peggio, fondamentalmente integrata la lotta sui temi dell 'organizzazione del lavoro? Se la scelta di quest'ultima linea fosse vista come una soluzione di ripiego, un compromesso tattico (la seconda per tutti sarebbe la cosa più giusta, ma i rapporti di forza non ce lo consentono e quindi facciamo diversi livelli; oppure la nostra richiesta di fondo è che i passaggi siano senz'altro automatici ma bisogna rendersi conto che non si può spuntare tutto in una volta, quindi chiediamo per Io meno una regolamentazione oggettiva con il legame ad un avanzamento professionale) si potrebbe tutto sommato rispondere di sl. La indiscutibile presa delle rivendicazioni apparentemente più radicali sulla massa operaia, la capacità di lotta tante volte dimostrata e tutt 'altro che piegata consentirebbero certo di inziare una lotta con obiettivi molto avanzati, anche mettendo in conto delle sconfitte momentanee. Ma non è vero che la linea della categoria unica e degli automatismi sia quella di scontro più radicale, senza compromessi, con l'organizzazione e la divisione capitalistica del lavoro. È vero anzi il contrario. II rifiutare le rivendicazioni sul modo di lavorare considerandole o irrealizzabili o integrate per principio vuol dire in sostanza lasciare il padrone indisturbato nella disponibilità della classe operaia e nell'organizzazione del lavoro. È vero, nel momento della lot ta aperta e dura la classe operaia è indispensabile. Ma nemmeno Lotta Continua può seriamente ipotizzare una situazione di lotta che sia davvero a livello di scontro immediato, di rifiuto del lavoro per tutto il periodo da qui al rovesciamento del sistema. L'indisponibilità permanente, allora, come autor iduzione dei ritmi volontariamente non istituzionalizzata, come pratica continua di forme di lotta quali il salto della scocca? Benissimo, ma, lasciando pure da parte il rapporto costi-risultati che ciò comporta alla lunga, si potrebbe ironizzare - ben più a buon diritto di quanto facciano i gruppi a proposito dell' « umanizzazione » del lavoro - sul cambiamento di fondo che con questo si ottiene nella condizione di un operaio vincolato comune allo stesso tipo e alle stesse modalità di lavoro determinate liberamente dal padrone. E poi, mi sembra. ancora una volta giusto quanto dice Ciafaloni: Le norme del lavoro di fabbrica devono cambiare se deve cambiare la coscienza operaia, se deve nascere un giorno in a.ti la violazione della libertà e lo sfruttamento vengano sentiti realmente come una assurda innaturale offesa. Oggi anche gli operai disposù a battersi per ritmi più umani o per il 93 Biblioteca Gino Bianco
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